«Una stella che sale». Omelia del padre abate Bernardo per la Solennità dell’Assunzione
15 Agosto 2020 – Assunzione della Beata Vergine Maria
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza.
Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra.
Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito.
Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio.
Allora udii una voce potente nel cielo che diceva:
«Ora si è compiuta
la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio
e la potenza del suo Cristo».
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita.
Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza.
È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi.
Dal Vangelo secondo Luca
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
Omelia:
Fratelli e sorelle oggi la liturgia della parola ci offre la possibilità di una fruttuosa meditazione su un tema a me particolarmente caro, riconoscendo nella cattiva qualità della nostra percezione del tempo una delle patologie più significative con la quale diagnosticare la nostra poca fede, la nostra poca speranza, il nostro poco amore.
Oggi noi contempliamo attraverso la grande visione dell’Apocalisse, un adempimento molto speciale, un compimento davvero potente e salvifico per quello che la voce potente nel cielo dice a Giovanni che vede una donna protagonista di una misteriosa contesa niente di meno che con un drago, una donna partoriente, feconda, generativa: «Ora si è compiuta
la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio
e la potenza del suo Cristo».
E ancora, carissimi fratelli e sorelle, la riflessione paolina rivolta ai Corinzi, accanto a questa forte proclamazione del compimento della salvezza in Cristo, ci lascia immaginare, con la forza apostolica della parola di Paolo, una contesa si direbbe all’ultimo minuto fra la forza del Signore Gesù, espressione del grande disegno salvifico del Padre, il cui regno definitivo di giustizia di luce e di salvezza si instaura attraverso lo stesso Signore Gesù “fino a che egli non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi”. L’ultimo nemico -ci dice Paolo- sarà la morte, vinta la quale il Signore “consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza”.
Quindi siamo invitati davvero fratelli e sorelle a liberare, per così dire, la nostra pupilla, lasciare che lo Spirito Santo metta ali al nostro sguardo che vertiginosamente, con la forza motrice di queste parole, può e deve giungere allo zenit, al compimento dei tempi.
Non abbiate paura di utilizzare così la vostra fede! Non abbiate paura di servirvi così della vostra fede! Non tenete in serbo la fede che il Signore vi ha donato per una semplice psicologica, discontinua consolazione che tappi le falle del nostro piccolo cuore a seconda degli accadimenti, belli e meno belli del nostro quotidiano, come se la fede si riducesse a un diario intimo dove scaricare e sfogare, per così dire, le disavventure del nostro carattere. No! Fede, amore, conoscenza, sono equazioni sancite dalla rivelazione della parola di Dio e i contenuti della conoscenza sono esattamente questi, resi possibili alla nostra intelligenza da una fede che, umilmente radicata nell’amore, può e deve accedere a questa conoscenza che tra l’altro include anche, sia ben chiaro, senza disprezzo i contenuti del nostro intimo diario con le nostre più che legittime, doverose manifestazioni con la penna sulla carta del pensiero, del sospiro, delle prove a cui la vita ci conduce, ma in una visione davvero complessiva della realtà, profonda della realtà, che reclama la nostra intelligenza, il nostro intus legere, e questa prospettiva fratelli e sorelle si distende lungo l’asse del tempo, per questo oggi parlo volentieri di compimento del tempo stesso, riconoscendo nel tempo un elemento di fecondità, ma anche un limite se questo tempo lo assolutizziamo sganciandolo diabolicamente dal suo esito, dal suo significato, dal suo approdo che è proprio la manifestazione della salvezza definitiva che il Signore Gesù instaura a carissimo prezzo come avete ascoltato, non si tratta di pigiare un bottoncino, no, noi troviamo anzi attraverso queste immagini paoline la possibilità di rileggere tutto l’evento pasquale del Signore Gesù, la sua crocifissione, la sua resurrezione, come un dramma mistico che avrà la sua piena e definitiva conclusione alla fine dei tempi, fratelli e sorelle, in questo agone irrisolvibile senza una presa diretta da parte del Signore Gesù, il peso della croce che domanda la fatica del nostro pensiero, fratelli e sorelle, perché la fede non è solo sentimento, devozione, meno ancora illusione, con buona pace di chi ci critica e ci dileggia, per noi la fede rivelata dal Vangelo di Cristo è fatica del pensiero che si assume tutta la responsabilità di dar conto, fratelli e sorelle, di un Dio amore che si misura con la libertà dell’uomo, l’attrito della creazione, la sofferenza che conseguono a questi due elementi, la libertà dell’uomo, quindi il peccato, l’attrito della creazione quindi la sventura.
E allora in tutto questo fratelli e sorelle, perché celebrare con grande gioia e gratitudine questa Pasqua estiva? Perché nella Pasqua estiva noi possiamo contemplare, fare memoria, evocare, affidarci ad una donna, creatura come noi, che per umiltà e obbedienza nei disegni insondabili dell’amore di Dio si è fatta recipiente colmo di grazia fino a diventare colei che, come riconosce Elisabetta, ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto, ha creduto nell’adempimento fratelli e sorelle! Quindi ancora una volta il contenuto della fede di Maria ci riporta a questa idea dinamica, progressiva del tempo, ma non nel senso ideologico con cui ci facevano credere gli illuministi, un progresso con le sue magnifiche sorti generatrici di chissà quale luce della nostra ragione, con i disastri che questa ideologizzazione della ragione ha comportato, si tratta dell’adempimento non delle facoltà dell’uomo che lasciate a sé stesse sono in realtà assai fallaci e pericolose, ma l’adempimento attraverso il tempo della parola salvifica di Dio che si è fatta verbo incarnato come prima si era fatta promessa per il popolo di Israele, questa è la differenza fondamentale, noi crediamo alla fede di Maria, noi cerchiamo di fare in modo che la nostra vita assomigli a questo suo acconsentire nella fede all’adempimento della parola del Signore anche se essa è nel travaglio di una storia presente, questo è l’aspetto bellissimo, è nel travaglio di una storia presente, ben piena di contraddizioni e tuttavia il Magnificat fa cantare alla chiesa, ai monaci, coloro che frequentano il nostro vespro lo sanno, tutte le sere, cose che ancora non sono definitivamente accadute, gli affamati saziati, gli umili risollevati, i poveri colmi di bene, questo ancora in pienezza non accade ma Maria lo canta come accaduto perché ha questa fede in un tempo pienamente adempiuto ravvisando, sempre per fede, nella pregnanza salvifica del verbo incarnato, questo ci interessa profondamente, la nostra fede deve avere questa tensione incontenibile, sconfinante, da essere davvero una visione sul mondo e sulla storia che persuade, piena di amore, piena di speranza, gli altri, con questi altissimi contenuti.
E la cosa straordinaria fratelli e sorelle è che credere nell’adempimento di questa parola, implica la possibilità di vedere già pienamente realizzato nel corpo della Beata Vergine Maria questo esito salvifico pasquale, questo approdo ad uno zenit che rende possibile l’impossibile e cioè che il corpo, pesante, addormentato, assopito della Beata Vergine Maria possa misteriosamente vincere la forza di gravità e salire al cielo, non è un gioco di prestigio, io ve la racconto così perché questo è l’evento in sé, fratelli e sorelle, ma non si tratta di convincerci con la magia o il portento, non è questo ovviamente, si tratta di cogliere ancora una volta con uno sguardo di fede che quello che è successo nel cuore confidente della Beata Vergine Maria e cioè questo suo aprirsi reale totale inarrestabile all’adempimento della parola di Dio nella sua stessa vita, l’ha resa già partecipe del futuro, per cui quello che le due letture ci insegnano a riconoscere come esito della storia, in Maria si anticipa, come già si era anticipato analogamente il mistero della libertà di Dio che preserva il concepimento di Maria dal peccato originale e Maria diventa in questo caso, cioè nella sua ascensione al cielo la possibilità ancora una volta di cogliere questa libertà della grazia di Dio che è signoria sul tempo, per cui noi contempliamo il futuro perfettamente adempiuto nella vicenda stessa di Maria, questo è per noi fratelli e sorelle e deve essere per noi, come dire, una iniezione di speranza meravigliosa perché il nostro dramma è ormai anche noi credenti sentirci vincolati da questo tempo quantità che come un martello schiaccia le nostre vite, colpo dopo colpo, minuto dopo minuto.
Dio è libero da tutto questo, il tempo che dono nel suo cuore non è mai obbligo ed è per questo che il nostro sguardo che giustamente con quella pupilla alata può contemplare l’orizzonte estremo della storia come Paolo e l’Apocalisse ci tratteggiano, ha anche la libertà di volare oggi, oggi, ci dirà la liturgia! Oggi Maria è assunta in cielo perché oggi abbiamo un terribile bisogno di volare col corpo di Maria, di sentirci liberi da ogni gravità, dal peso dei minuti, da quella poca fede con la quale anche noi ci adeguiamo nel lessico a coloro che speranza non hanno, per questo l’incidente era scritto, è fatalità e altre amenità simili che dicono che la nostra fede non è poi troppo diversa da coloro che sentono la realtà un obbligo di adeguazione a chissà quale fatale decreto, sancito da chissà quale remota fredda e indifferente intelligenza.
Niente di tutto questo, noi crediamo nella provvidenza che lascia libero l’amore di Dio come è libero il nostro amore e alimenta il nostro incedere nel tempo con questo sguardo di speranza che oggi ha queste due misure, l’immediatezza odierna con la quale volare insieme a Maria nella nostra vera dimora, che non è questo orizzonte ristretto dei nostri angusti calcoli, dei nostri piccoli parametri ma il cielo fratelli e sorelle e nello stesso tempo però anche questa capacità lungimirante, prospettica per la quale sentiamo eccome la fatica di avere persone care all’ospedale, sapere sventure dall’altra parte o molto vicine a noi, tuttavia sapere che di queste sventure è partecipe quel Signore Gesù che lotta con noi, quella Beata Vergine che affronta il dramma con noi e sapere che l’esito venendo tutto dall’amore, non può che essere salvezza, liberazione, guarigione.
Ecco con questi due parametri del tempo, nel tempo e soprattutto sul tempo, fratelli e sorelle, facciamoci testimoni di una fede che come quella di Maria sappia mirabilmente credere nell’adempimento di ciò che il Signore ci ha detto. Amen!
Trascrizione a cura di Grazia Collini