«”Lo Spirito di Dio riposa su di voi» (1 Pietro 4,14)”: notte prima del martirio». Omelia del padre abate Bernardo per la Solennità di san Miniato, protomartire armeno di Firenze
Solennità di san Miniato Protomartire di Firenze
25 ottobre 2022
Fratelli e sorelle, abbiamo davvero forse bisogno di questi estremi toni apocalittici quali ci sono stati fortemente espressi dal Vangelo che abbiamo proclamato, il fratello farà morire il fratello, il padre il figlio, i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno, segnalando così la totale frattura delle relazioni più oggettivamente stabili e salde attraverso le quali si genera la nostra vita biologica e psicologica. E ancora, con forza ancora maggiore San Pietro ci parla di una persecuzione che come incendio è scoppiata in mezzo a noi, esasperando una situazione che ha precisi riscontri storici, ma che nel cuore e nello sguardo di Pietro è senz’altro l’imminenza, l’incombenza non di una fine del mondo e della storia intese in un senso semplicemente quantitativo e temporale, ma una incombenza che segnala semmai la provvisorietà, se non l’inconsistenza delle strutture che a noi, avvezzi ad una vita senza domande, senza inquietudine, spesso senza responsabilità, appaiono le strutture indiscutibilmente portanti e quasi oggettivanti il mistero della vita. E invece la parola del Signore ci avverte, qui e altrove, che tali strutture, sia quelle che contengono il flusso della storia nel suo evolversi attraverso e dentro lo spazio e il tempo e la nostra stessa crescita ed evoluzione generazionale, sono sottoposte a un limite, sono segnate da un condizionamento, ed è bellissimo come questo condizionamento sia stato chiesto dalla madre dei martiri Maccabei quale oggetto di una loro messa a fuoco perché nell’imminenza della loro morte potessero finalmente accorgersi di quello di cui noi invece non ci accorgiamo.
Direi davvero una struttura vulnerabile, come di pellicola che sembra contenere per sempre la nostra vicenda e che invece non può contenere la nostra vicenda, occorre uno sguardo contemplativo, questo bellissimo punto di vista femminile e materno che oggi è risuonato nella prima lettura invita ad accorgerci di questa pellicola con uno sguardo significativamente contemplativo, questo significa che ci è chiesto tempo, meditazione, attenzione, cura, per risvegliarci da un torpore, fratelli e sorelle, per riscoprire il senso di una misura, per avvertirci che le cose cambiano, non sono permanenti, che c’è una evoluzione, c’è un travaglio, c’è una gravidanza e, come è proprio della gravidanza, questo passaggio non può che accadere attraverso la sofferenza, il dolore, l’attesa, la prova, la pazienza, la tribolazione. Abbiamo bisogno fratelli e sorelle, di riacquisire questa interpretazione sofferta della storia in una chiave che tuttavia ne rivela la sua provvisorietà e il suo finale, per l’appunto apocalittico e dunque rivelativo cedimento ad altro che verrà.
È un altissimo corso di teologia quello che la celebrazione liturgica dei martiri propone all’occhio assuefatto e distratto anche del nostro essere Chiesa. Noi viviamo financo la ciclicità del tempo liturgico inserendolo ormai senza troppa inquietudine nella ciclicità temporale dei nostri calendari, dei nostri anniversari, delle nostre ritualità, ormai forse non possiamo più dire nell’orizzonte delle nostre stagioni perché forse sono proprio esse, nel loro scardinarsi meteorologico, a dirci e a segnalarci che qualcosa di questa nostra storia veramente non va bene, fratelli e sorelle.
E non lo diciamo per rilanciare alcuno, tanto meno per mettere nel nostro arco facili frecce moralistiche che da quassù, lanciate da questo poligono di perfezione formale ed estetica che è San Miniato lasci intendere una qualche nostra patente di abilitazione a cucire addosso alla gente della città valutazioni critiche, denunce, peggio ancora assegnare quello o quell’altro esito escatologico alla loro esistenza.
Noi facciamo tesoro di questo poligono di bellezza che è questa nostra mirabile geometria liturgica di San Miniato ed architettonica, nella consapevolezza chiara anche alla tradizione agiografica del nostro martire Miniato, se dobbiamo dare retta a un bellissimo passaggio del Magnum Legendarium Bodecense, un testo agiografico del tardo Medioevo, il quale ci ricorda come “Depositum autem corpus beatissimi martiris Miniatis et sepultum in eodem locum a christianis multa fidelibus confert sanitatum subsidia confitentibus atque laudantibus nomen Domini nostri Iesu Christi” riferendo cioè della memoria del nostro martire il dato più oggettivo, non redazioni biografiche, molto molto tarde rispetto all’evento del suo martirio accaduto come la tradizione ci insegna, la sera del 24 ottobre del 250 d.C nel gorgo, come ci ricordava ogni anno l’Abate Agostino di venerata memoria nelle sue splendide omelie storiche, ovvero sul greto dell’Arno, non troppo lontano dall’attuale caserma dei carabinieri per poi risalire con la sua testa, quale vero cefaloforo, su questa collina per esservi poi sepolto, redazioni dicevo molto tardive, per tanti versi poco credibili nella contradditorietà degli elementi riportati, ma c’è un dato incontrovertibile che sapientemente questo testo agiografico riporta, c’è un luogo, questo luogo dice chi sia San Miniato, San Miniato al Monte, la Basilica fratelli e sorelle, costruita per volontà del Vescovo Ildebrando quasi mille e cinque anni fa è il documento che attesta forse davvero più di ogni altro che qualcuno è veramente esistito per essere degno di una costruzione che in fondo ci riporta al cuore di quanto abbiamo ascoltato nella parola della madre dei Maccabei, torno a sottolineare fratelli e sorelle in questi tempi in cui si discute se si debba dire il presidente o la presidente –e non scherzo- preferisco farvi notare ben altro punto di vista femminile, quello della madre dei Maccabei che a un certo punto ci dice: non temete, non temete, senza dubbio il creatore dell’universo che ha plasmato all’origine l’uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo il respiro e la vita poiché voi ora per le sue leggi non vi preoccupate di voi stessi. Per le sue leggi, fratelli e sorelle, per le sue leggi, per la sua parola, per tutto il portato rivelativo del mistero di amore voi potete consegnare la vostra vita a colui che dal niente ha posto in essere le cose e che con lo stesso amore, in obbedienza paradossale alla sua stessa legge che è l’amore, non mancherà di farvi ritornare nella pienezza della vita.
E cosa altro non è fratelli e sorelle, riletta, qualche anno dopo il nostro millenario, la bellezza di San Miniato, se non l’espressione architettonica, decorativa, figurativa, di una obbedienza della materia attraverso l’obbedienza dell’uomo e della donna, al logos, cioè alla parola di Dio, di cui ogni dettaglio di questa Basilica è singolare riverbero. E noi amiamo la nostra Basilica, ci sentiamo a casa, noi monaci poi moriremmo fuori da San Miniato al Monte, io morirei fuori da San Miniato al Monte, ma di fatto anche il pellegrino, il forestiero, magari con altra fede, giunge qui e avverte questa armonia, il senso di una risonanza che svela come le cose di questo mondo, le vicende umane non vengano su a casaccio senza forma, senza contenuto, senza misura, senza fine, senza adempimento, ma vengono in obbedienza alla parola stessa, anzi, di più all’intenzionalità pasquale della parola con la quale Dio accorcia le distanze fra il suo mistero e il nostro cercare a tentoni, con tante paure, tanta inquietudine, perché ci spaventa fratelli e sorelle sudare il 25 ottobre come si suda i primi giorni di settembre, se non addirittura agosto, ci inquieta se finalmente avvertiamo il nostro cuore che a pochi, pochissimi chilometri da qui si muore sotto le bombe, ci inquieta che nel nostro sud, cioè nella nostra amatissima Italia si continui a morire sulle strade per vendette di stampo mafioso, nell’indifferenza generale, ci inquieta sapere, fratelli e sorelle, che ci sono persone che abbiamo visto nella loro florida condizione economica, riaffacciarsi in questa Basilica vergognandosi, ma chiedendoci danaro perché non sanno come mandare avanti la famiglia, ci inquieta tutto questo male epidemico che ci ha attraversato e continua ad attraversarci, soggetto a ideologie di segno opposto, chi teme le risoluzioni medicali, chi assolutizza le risoluzioni medicali, chi fa della salute un mito, chi fa dell’immunità l’unica via di sopravvivenza, chi fa di nuove e possibili ondate l’arma e la risorsa per gettare le persone nello spavento, nella paura, nell’angoscia, in una parola sentiamo davvero, fratelli e sorelle, che anche senza necessariamente usare toni apocalittici c’è uno sgretolarsi di quelle strutture che in altri istanti della nostra storia sociale, anche recenti, ci sembravano comunque saldi, vorrei ricordare e ricordarmi che anche negli anni durissimi delle Brigate Rosse si avvertiva, ero giovane, giovanissimo studente che comunque quella aggressione infame agli inermi, agli innocenti, ai lavoratori, agli studiosi, agli uomini delle istituzioni, generava inevitabilmente una contrapposizione netta e chiara, bene-male, giustizia e ingiustizia, esposizione alla violenza, tentativo di uscirne con ogni mezzo. Oggi anche queste contrapposizioni sembrano allentarsi fratelli e sorelle, davvero nel cuore stesso della struttura emblematica della consanguineità e dunque l’istituzione proposta alla generazione della vita sentiamo l’instaurarsi di falle opposte alla geometria di questo luogo.
Ecco perché stasera è bello e importante ringraziare il Signore di una memoria, labile quanto si vuole, fredda ed estranea alla devozione della nostra città, semmai Firenze è capace di devozione, detto da fiorentino pratese, ho seri dubbi, in generale, certamente Firenze non ha devozione per San Miniato, l’abbiamo noi, educati da questa bellezza di cui riconosciamo l’ispirazione in risposta alla risposta di Miniato, alla parola del Signore, al suo logos, alla sua legge che ci avverte dell’unica speranza possibile, quella che –e chiudo- Pietro per un verso, il Vangelo per un altro esprimono e di fatto non potrebbe essere diversamente guardando al mistero pasquale, se non la prossimità dello Spirito di adozione delle nostre povere esistenze, poverissime esistenze creaturali che per amore del Padre vengono calamitate attraverso Gesù nel cuore stesso della sua paternità sorgiva di vita e di mistero attraverso lo Spirito della gloria, lo Spirito di Dio che, dice Pietro: riposa su di voi -una meravigliosa espressione da riportare a casa.
Dimenticatevi tutta la mia omelia che è solo salute mentale cestinare, ma ricordatevi questo versetto bellissimo di Pietro, quando stasera andate a letto e avrete paura, avrete dato la carezza di Papa Giovanni ai vostri figli e nipoti e vi ricordate che San Pietro, suo predecessore, stasera vi ha detto che lo Spirito riposa su di voi e con voi.
E ancora, fratelli e sorelle, non meno importante il Vangelo: è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi ed è il donarsi dell’amore del Padre attraverso il Figlio come regalo di parola che portato nel nostro cuore ci apre, come già Miniato, all’obbedienza di un amore che se bussa ai nostri cuori ci invita ad arrenderci ad esso, certi che nessun male, nessuna sofferenza, nessuna violenza può arrestare questo amore dilagante nel tempo e nello spazio che è disceso nel sepolcro del Cristo.
Questo Spirito che riposa su di noi è il grande dono che riceviamo se lasciamo che anche la nostra vita si consegni, dice Pietro –facendo il bene- questo appello ad una esistenza fratelli e sorelle che argina il male è il grande martirio, la grande testimonianza che come monaci, prosecutori e riverbero dell’Amen di Miniato, abbiamo il dovere e il piacere di testimoniare, quanto più vestiti di bianco, ma che tutti voi che appartenete a questa famiglia avete l’incombenza di riportare nel cuore della città: donarsi, donare la propria vita, facendo il bene, lasciandoci consegnare, non importa se il destinatario è un violento e feroce tribunale.
Questa tensione, questa pazienza, questa tribolazione, fa del nostro cuore una gravidanza che genera lungimiranza con cui, assieme a Miniato, stasera, con lo Spirito Santo che riposa su di noi, ci fa già vedere l’esito della nostra storia, non il buio, ma l’aurora e un giorno senza tramonto. Amen!
Trascrizione a cura di Grazia Collini
La fotografia è di Mariangela Montanari