Omelie

«Bimm bamm, bimm bamm, bimm bamm, bimm bamm…». Omelia del padre abate Bernardo per la veglia della notte di Pasqua

O Mensch! O Mensch!
Gib Acht! Gib Acht!
Was spricht die tiefe Mitternacht?
Ich schlief! Ich schlief!
Aus tiefem Traum bin ich erwacht!
Die Welt ist tief !
Und tiefer als der Tag gedacht!
O Mensch! O Mensch!
Tief! Tief! Tief! ist ihr Weh!
Tief ist ihr Weh!
Lust, Lust tiefer noch als Herzeleid!
Weh spricht: Vergeh! Weh spricht: Vergeh!
Doch alle Lust, will Ewigkeit!
Will tiefe, tiefe Ewigkeit.

Friedrich Nietzsche, Also sprach Zarathustra

9 Aprile 2023

Celebrazione della veglia di Pasqua

Cari fratelli e sorelle, riecheggia nel nostro cuore l’interrogativo posto dal Signore per bocca del profeta Baruc a ciascuno di noi:

Ascolta, Israele, i comandamenti della vita,
porgi l’orecchio per conoscere la prudenza.
Perché, Israele? Perché ti trovi in terra nemica
e sei diventato vecchio in terra straniera?
Perché ti sei contaminato con i morti
e sei nel numero di quelli che scendono negli inferi?

Paiono domande che in realtà non toccano il nostro cuore e invece stanotte la vulnerabilità dei nostri cuori- messa alla prova da questa lunga veglia, da questa penombra, da questa tensione fra lo sforzo se possibile di non perdere neppure una sillaba stando bene attenti alle nostre indicazioni, ai nostri gesti, e d’altra parte la tentazione ma forse la sapiente intuizione che è ancora più importante abbandonarsi a quanto accade, lasciando perdere se qualcosa sfugge alla nostra comprensione- attraverso questa tensione il nostro cuore si ritrova piccolo e grande, interpellato e assopito allo stesso tempo, in una dimensione che lo riporta alla consapevolezza di una urgenza di scelta, di libertà, di responsabilità e nello stesso tempo in quella dimensione tipica della rivelazione biblica che cerca la grandezza dell’uomo e della donna perché come veramente tale, più profondamente ancora, si riscopra piccolezza, infanzia, debolezza.

Ed è esattamente questo esito veramente grandioso, soprattutto in tempi e in culture prestazionistiche che questa liturgia, per grazia e forza ed efficacia dello Spirito Santo, assolve al suo grande compito che è farci risuonare nel cuore un appello, una domanda, possa essere stata formulata con il linguaggio sapienziale che riecheggia per bocca del Profeta Baruc, possa essere una parola che ha tentato di farci rivivere una ricapitolazione della storia della nostra libertà attraverso la narrazione di Esodo, possa essere stata una interpretazione teologica ed antropologica della nostra realtà riletta attraverso lo sforzo quasi epico di una narrazione della nostra creazione, non importa con quale genere letterario, quello che veramente importa, amati fratelli e sorelle, è che stanotte sentiamo che il Signore Dio Onnipotente dall’infinito suo cielo scende nell’intimo dei vostri cuori e vi rivolge, vi dona, colloca nei vostri cuori una parola, vi risveglia con una parola, ci risveglia con una parola ed è una parola essenziale perché davvero il rischio grande è che a furia di ascoltare solo e soltanto noi stessi, finiamo per camminare in terre straniere, autocondannandoci ad un esilio che ci porta non solo lontani dalla verità e dalla riconoscibilità della verità, ma soprattutto sempre più intensamente ci porta lontano da quella percezione essenziale per assumere con timore ma anche con gioia, così si rivolge l’angelo a quelle donne, con timore e gioia, l’esperienza della vita, sentirsi amati, lasciarsi amare, cogliere che è esattamente nel giardino della resurrezione la nostra vera patria perché lì sentiamo che la nostra condizione umana, pur fragile, pur debole, pur mortale, è esposta, anzi è già stata esposta in Cristo Gesù, ha la possibilità di udire, anzi ascoltare la parola che il Padre rivolge con passione, con dedizione, con pazienza, contro ogni nostra ostinazione, contro ogni nostra pretesa di autoreferenzialità, con cui tapparci le orecchie, chiuderci gli occhi, sentire che bastiamo a noi stessi, ergerci a titani autosufficienti.

La morte, la morte del Signore Gesù in questi giorni di Passione ha invece svelato la portata veritativa della condizione umana, il suo limite insuperabile, solo che questa situazione di esilio dalla verità e soprattutto dall’amore come esperienza ricettiva di una verità dinamica che ci incalza per riportarci alla comunione e alla relazione con colui che della vita stessa è origine, comporta una gravissima conseguenza, la gravissima conseguenza è che, colta la portata veritativa del nostro limite creaturale, che è la morte stessa, assegniamo alla stessa morte una verità di cui essa non è capace, anzi! La morte è ingannatrice, è mendace, è menzognera, e noi in questo esilio, bellissima l’immagine di Baruc, camminiamo in mezzo a dei cadaveri, diventiamo dei negromanti, coloro che provano a interrogare, vaticinare il futuro con i morti, ci contaminiamo di morte, per nostra volontà, perché ci aspettiamo dalla morte stessa -il mio linguaggio è simbolico e reale, naturalmente lo capite benissimo- quella parola che dalla morte non potrà mai venire, ma viene nella misura in cui con coraggio ed umiltà guardando in faccia la morte, abbiamo il coraggio di abitare esattamente questo limite, questo confine, questo crinale, scomodo ma fecondo nella sua capacità di farci sentire che scostandoci da esso, noi entriamo in un esilio pensando invece di avventurarci, attraverso uno sforzo di chissà quale intelligenza, competenza, enciclopedismo, nella possibilità di catalogare tutto il reale e immersi in queste dottrine, anzi in queste ideologie, perdiamo di vista il giardino sorgivo, la nostra vera patria dove inizia la nostra storia, nel giardino dell’Eden, dove la nostra storia ritrova un nuovo inizio, nel giardino della resurrezione.

E allora disponendo questo nostro orecchio, questo nostro cuore, questa nostra vulnerabilità in questo spazio dentro il quale è bene rimanere fratelli e sorelle, è bene rimanere, per il limite che altrimenti ci minaccerebbe senza clemenza alcuna, noi possiamo tornare ad ascoltare la parola del Padre e la vera vocazione della nostra esistenza che è una vocazione a una vita piena, la vocazione alla vita piena che impariamo a riconoscere scansando la menzogna della morte e riconoscendo che solo nell’infinito del nostro cuore può risuonare in modo adeguato la parola altrettanto infinita del Padre. Per questo il nostro lavorìo è un lavorìo di concentrazione, di essenzialità, di contrazione degli spazi e dei tempi, ne è simbolo efficace in generale ogni azione liturgica, oggi è così trascurato il linguaggio simbolico della liturgia, ci sarà una nostra responsabilità è indubbio, ma oggi fa fatica ad affermarsi la portata veritativa della liturgia per questa nostra indole di dispersione, di smarrimento, di consapevole esposizione a quell’esilio dalla terra della verità che noi invece ritroviamo obbedendo a questo mirabile codice che, come vedete stanotte, ci ha chiamato ad esplorare l’oscurità, a perderci nell’oscurità, a riconoscere nella luce esile di una candela una forza nucleare reattiva contro l’oscuramento delle verità essenziali del nostro cuore.

E ancora, fratelli e sorelle, questo codice ci chiama mirabilmente a raccolta, siamo sconosciuti per lo più e tuttavia come è bello, come è importante, in tempi di guerra, di cataclismi, di mutamenti climatici, ma al di là di questo soprattutto di disidratazione dello spirito e della speranza, come è bello, importante, trovarsi insieme perché obbediamo tutti a questo codice stanotte, obbediamo a questa parola, ci fidiamo dei gesti ispirati da questa parola, sentiamo che al di là della nostra scarsa capacità cerimoniale c’è una regia di un volto, di una parola, di uno sguardo invisibile ma reale che raccorda simbolicamente e realmente le nostre esistenze, le dispone a questa vulnerabilità del cuore perché la maternità della Chiesa allatti, allatti, il nostro cuore di un nutrimento di beatitudine, di consolazione, di speranza fratelli e sorelle, e finalmente in questa corporeità ritrovata, nella sua armonia, ecco che giunge possente, forte, performativa, la parola del Padre, una parola che ha compiuto in Gesù il destino estremo che è il destino estremo di ciascuno di noi, ti ho generato Figlio, non puoi restare prigioniero della morte, non può quel suo limite mendace essere capace di chiudere in ostaggio la mia verità paterna di amore, il mio disegno di salvezza, la mia portata eccedente di misericordia, di perdono, di relazione.

Cogliete fratelli e sorelle come tutto si tiene, in una dimensione che raccorda e intercetta le esigenze primarie ed essenziali del nostro cuore, essere nutrito, essere rivestito, essere lavato, essere consolato, essere amato. Non so quante volte stanotte risuona quello che non possiamo -sarebbe meraviglioso- celebrare: la dimensione battesimale, ma se non lo possiamo fare in realtà è perché davvero ognuno di noi deve sentirsi stanotte in una qualche misura chiamato a rivivere questo passaggio, questa gestazione, questo travaglio, questa rinascita battesimale, ed obbedire a questa intuizione, a questo impulso perché la voce del Padre ci sta chiamando fratelli e sorelle, chiama questa umanità dispersa, la vuole riposizionare nella sua patria più autentica che non è quello e quell’altro colore, quella o quell’altra ideologia, quella o quell’altra partigianeria, è la verità della condizione umana sic et simpliciter! È l’umano la nostra patria fratelli e sorelle, nient’altro che l’umano.

“Uomo svegliati!” musica mirabilmente Gustav Mahler con le parole di Nietzsche nella terza sinfonia. Sarebbe bellissimo poterla ascoltare, ce lo potremmo permettere con il suo coro di bambini: BIMM BAMM BIMM BAMM.. perché questo risveglio è l’appello essenziale fratelli e sorelle per vincere il torpore della rassegnazione che ci conduce inesorabilmente ad essere morti già vivi:

Oh uomo! Oh uomo!

Attenzione! Attenzione!

Che dice la profonda notte?

Io dormivo! Dormivo!

Fui svegliato da un profondo sogno.

Il mondo è profondo!

E più profondo di quanto il giorno ricordi.

Oh uomo! Oh uomo!

Profondo, profondo, profondo è il suo dolore.

Profondo è il suo dolore.

Gioia, gioia più profonda ancora

di quanto il cuore sopporti.

Il dolore dice: passa!

Il dolore dice: passa!

ma ogni gioia vuole eternità!

Vuole profonda, profonda eternità.

E allora fratelli e sorelle risvegliamoci e in questa contrazione di spazi e di tempi di cui è mirabile stesura la geometria di questo luogo, questo luogo vi aiuta a decifrare la realtà, come è fatta la realtà, quando è uscita dalla sapienza, dal logos di Dio, una geometria abitata dall’amore, dal calore, dal volto, il grande mosaico che finalmente ricompare al nostro sguardo svela fratelli e sorelle, cosa sta oltre il logos di Dio. E possiamo fidarci di questo volto, di questa bellezza, di questo splendore, possiamo fidarci di questa conca, la vedete quest’abside restituita ai nostri sguardi, altro non è che una conchiglia dove risuona la parola del Padre attraverso Gesù per chiamarci ad uno ad uno, i nostri nomi, ed essere finalmente strappati da questo piccolo angusto, mendace destino in cui ci rinchiudiamo, dando retta alle sirene del mondo che ci vorrebbero uomini e donne dell’incredulità, della disillusione, della disperazione, perché vale solo e soltanto ciò che riusciamo a misurare, a dimostrare, a denominare, a far funzionare.

Che visione piccola, angusta, gretta propone la cosiddetta modernità all’intelligenza della nostra libertà, quando essa sa porsi esattamente come vi siete posti voi stanotte, in una dimensione infantile di fiducia, lasciando che questa sonnolenza, la mia per prima, potesse essere rotta dal suono possente delle campane di San Miniato, meno melodiche di Gustav Mahler ma non per questo meno forti nel dirci: qualcuno ci sta svegliando, qualcuno ci sta cercando, qualcuno ha premura di donarci in questa veglia, la parola essenziale, in cui il dormiveglia domattina si trasformerà in una propulsione nuova dei vostri cuori, delle vostre intelligenze, questa parola è amore, non ce n’è altra che restituisce a questa vita l’eccedenza e la forza che supera anche il limite della morte in obbedienza alle rassicurazione che il Signore Gesù con la sua mirabile umanità consegna a quelle donne  e attraverso a quelle donne all’umanità intera.

La città in modo particolare aspetta questa vostra propulsione, non risparmiatevi, non lesinatevi, donatevi senza alcuna forma di risparmio ma con scialo, raccontate che in un luogo così facilmente raggiungibile, sulla collina dove si arriva col 12 o col 13, abbiamo fatto un viaggio meraviglioso nell’oscurità, nelle tenebre, nella paura, nel timore, ma anche nel coraggio e nella gioia, nella morte, nella memoria del nostro peccato ma ad un certo punto dal cielo, con la sua forza di risveglio, è scesa una parola che chiamandoci figli, ci ha fatto capire quanto siamo amati ed essendo amati, destinati alla vita senza fine, la vita del Signore risorto. Amen!

Trascrizione a cura di Grazia Collini

La fotografia ritrae il compositore e direttore d’orchestra boemo Gustav Mahler (1860-1911)

Gustav Mahler

Sinfonia n. 3 in re minore

in sei tempi per contralto, coro femminile, coro di bambini ed orchestra
Testo delle parti vocali

IV TEMPO
ALT
O Mensch! O Mensch!
Gib Acht! Gib Acht!
Was spricht die tiefe Mitternacht?
Ich schlief! Ich schlief!
Aus tiefem Traum bin ich erwacht!
Die Welt ist tief !
Und tiefer als der Tag gedacht!
O Mensch! O Mensch!
Tief! Tief! Tief! ist ihr Weh!
Tief ist ihr Weh!
Lust, Lust tiefer noch als Herzeleid!
Weh spricht: Vergeh! Weh spricht: Vergeh!
Doch alle Lust, will Ewigkeit!
Will tiefe, tiefe Ewigkeit.
CONTRALTO
O uomo! O uomo!
Attenzione! Attenzione!
Che dice la profonda notte?
Io dormivo! Dormivo!
Fui svegliato da un profondo sogno.
Il mondo è profondo!
E più profondo di quanto il giorno ricordi.
O uomo! O uomo!
Profondo, profondo, profondo è il suo dolore.
Profondo è il suo dolore.
Gioia, gioia più profonda ancora
di quanto il cuore sopporti.
Il dolore dice: passa!
Il dolore dice: passa!
ma ogni gioia vuole eternità!
Vuole profonda, profonda eternità.
V TEMPO
KNABENCHOR
Bimm, bamm, bimm, bamm,
Bimm, bamm, bimm, bamm…

FRAUENCHOR
Es sungen drei Engel einen süßen Gesang;
mit Freuden es selig in dem Himmel klang,
Sie jauchzten fröhlich auch dabei,
daß Petrus sei von Sünden frei.
Und als der Herr Jesus zu Tische saß,
mit seinen zwölf Jüngern das Abendmahl ass:
Da sprach der Herr Jesus:
was stehst du denn hier?
Wenn ich dich anseh’, so weinest du mir!

ALT
Und sollt’ ich nicht weinen,
du gütiger Gott?

FRAUENCHOR
Du sollst ja nicht weinen!
Sollst ja nicht weinen!

ALT
Ich hab’ übertreten die zehn Gebot.
Ich gehe und weine ja bitterlich.

FRAUENCHOR
Du sollst ja nicht weinen!
Sollst ja nicht weinen!

ALT
Ach komm und erbarme dich!
Ach komm und erbarme dich über mich!

KNABENCHOR UND FRAUENCHOR
Bimm, bamm, bimm, bamm
Bimm, bamm, bimm, bamm…

FRAUENCHOR
Hast du denn übertreten die zehn Gebot,
so fall auf die Knie und bete zu Gott!
Liebe nur Gott in alle Zeit!
So wirst du erlangen die himmlische Freud!

KNABENCHOR
Liebe nur Gott!
Die himmlische Freud’ ist eine selige Stadt,
die himmlische Freud’ die kein Ende mehr hat!

KNABENCHOR UND FRAUENCHOR
Die himmlische Freude war Petro bereit’t,
durch Jesum und Allen zur Seligkeit.
Bimm, bamm, bimm, bamm…

CORO DI FANCIULLI
Bimm, bamm, bimm, bamm,
Bimm, bamm, bimm, bamm…

CORO FEMMINILE
Tre angeli cantavano una dolce canzone;
di gioia facevan risuonare il cielo,
ed esultavano di felicità
perché Pietro era senza peccato.
E quando Gesù sedette alla tavola
coi suoi dodici apostoli per l’ultima cena,
così parlò Gesù:
perché ancora stai qui?
Quando ti guardo tu piangi per me!

CONTRALTO
E non dovrei io piangere,
mio buon Dio?

CORO FEMMINILE
Tu non devi piangere!
Non devi piangere!

CONTRALTO
Io ho infranto i dieci Comandamenti.
Io vado e piango amaramente.

CORO FEMMINILE
Tu non devi piangere!
Non devi piangere!

CONTRALTO
Ah! vieni e pentiti!
Ah! vieni e pentiti davanti a me!

CORO DI FANCIULLI E CORO FEMMINILE
Bimm, bamm, bimm, bamm
Bimm, bamm, bimm, bamm…

CORO FEMMINILE
Tu hai infranto i dieci Comandamenti,
quindi cadi in ginocchio e prega Dio!
Ama solo Dio in ogni tempo!
Così conseguirai la gioia celeste!

CORO DI FANCIULLI
Ama solo Dio!
La gioia del cielo è una santa città,
la gioia del cielo che è senza fine!

CORO DI FANCIULLI E CORO FEMMINILE
La gioia del cielo era a Pietro riservata
e a noi, grazie a Gesù, in santità.
Bimm, bamm, bimm, bamm…


Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 5 Maggio 1991

Si propone qui l’ascolto della Terza Sinfonia di Gustav Mahler diretta da Claudio Abbado ed eseguita dall’Orchestra del Festival di Lucerna con le voci dei Tölzer Knabenchor e di Anna Larsson, contralto in una registrazione del 19 agosto 2007:

https://www.youtube.com/watch?v=9Yr720ftjaA&t=2803s

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