Notizie

«Non obbedire a chi ti dice di rinunziare all’impossibile». Uno scritto del padre abate Bernardo in ricordo di papa Francesco

Meditazioni

«Non obbedire a chi ti dice / di rinunziare all’impossibile! / L’impossibile solo / rende possibile la vita dell’uomo. // Tu fai bene a inseguire / il vento con un secchio. / Da te, e da te soltanto, / si lascerà catturare». Oggi come allora mi sembrano questi bellissimi versi di Margherita Guidacci uno dei sigilli poetici più espressivi non solo dell’intero magistero umano, ecclesiale e sociale di papa Francesco, ma soprattutto della sua indomita esuberanza relazionale, prova, si direbbe, di una eccedenza evangelica che lo ha attraversato, inquietato, scomodato, illuminato e fino alla fine consegnato ai limiti del nostro presente per denunciarne le infondate pretese di assolutezza e ineluttabilità con una lacerazione che facesse spazio al nuovo, all’inatteso e a tutto quello che si lascia accogliere come ragione di stupore e di ritrovata possibilità per l’autenticamente umano. Per questo i versi di Margherita mi parvero il modo migliore per salutare l’anniversario della sua elezione il 13 marzo 2019 quando ebbi l’incredibile e inspiegabile opportunità di incastonare fra le meditazioni offerte al papa e ai suoi collaboratori di Curia quei versi per me così dedicabili a chi stava facendo della propria vita una inesausta e profetica tensione verso tutto quello che rimetteva e rimette in discussione le nostre banali presunzioni e accomodanti rassegnazioni per introdurre nel nostro oggi il lievito e il fermento pasquale della giustizia, della pace, della speranza, della fiducia, in una parola di tutto quello che il Vangelo ci insegna a riconoscere quale frutto dinamico di un amore così fecondo e creativo da ridimenzionare addirittura le ingannevoli e mendaci prerogative della stessa morte. Papa Francesco ha saputo accorciare, con questi presupposti spirituali e per questo molto concreti, ogni distanza: fra cielo e terra, fra divino e umano, fra passato e futuro, fra giovani e anziani, fra Chiesa e mondo, riverberando con estrema lucidità, felice ispirazione e geniale accortezza il magistero del Concilio Vaticano II per riproporre il nucleo essenziale dell’annuncio cristiano in una prospettiva attenta da un lato a non perderne di vista la radice inscritta nel mistero dell’autorivelazione del Dio di Gesù Cristo, il Dio cioè che si incarna nella nostra umanità e nella nostra storia, dall’altro, in coerenza con questo presupposto tutto teologico, una prospettiva altrettanto attenta a non perdere mai di vista le immani conseguenze di tale annuncio: dalla pace all’ecologia, dalla giustizia sociale alla sollecitudine per i migranti, dal superamento di un clericalismo statico e autoreferenziale all’attenzione per quelle enormi fette di umanità escluse per molteplici ragioni da quel presunto e perverso “successo” che fabbrica ricchezze per pochi e scarto ed esclusione per moltissimi altri. Il tutto raffinato e sospinto dalla tipica curiosità per il nuovo, il diverso e l’oltre che è propria dello straordinario carisma dei Gesuiti e di quella loro inconfondibile e preziosa attitudine a rimettere in discussione tanto, tantissimo di quelle che per molti altri restano strutture intangibili e confini insuperabili. Riconoscendo nella storia e nel mondo l’unico spazio che la Chiesa deve coraggiosamente abitare con una singolare predilezione per i luoghi estremi e i frastagliati confini che costituiscono le «periferie esistenziali» tanto frequentate e amate da papa Francesco, egli riuscì in tempo di pandemia e di quarantena generalizzata a portare l’umanità tutta intera nel vuoto e nel silenzio di piazza San Pietro in quella memorabile preghiera che vide la sua figura quasi naufragare nell’altisonante architettura berniniana celebrativa del primato petrino mostrando così quel suo servizio universale pronto a farsi voce di una inquietudine e di una preoccupazione altrettanto universali, richiamandoci allora ed oggi ad un altro primato, quello cioè di tutto quello che ridimensiona le nostre deliranti pretese di onnipotenza per fare spazio, con fede, ai disegni pasquali del Signore e, con un più ampio senso di condivisa appartenenza alla famiglia umana, a tutto quello che riporta la nostra umanità ad un senso di più grande responsabilità per il suo futuro, la sua sopravvivenza e la sua dignità nel rispetto grande per ogni libertà e per ogni differenza. Per questo, io credo, egli ha saputo «inseguire il vento» dello Spirito, raccoglierlo quando necessario nel secchio buono del suo cuore e restituirlo a tutti noi destinatari di una profezia da non indebolire, attenuare o addirittura dimenticare.

Padre Bernardo

21 aprile 2025,
Lunedì dell’Ottava di Pasqua

La fotografia: Agenzia DIRE

Il testo è apparso sull’edizione fiorentina del quotidiano «La Repubblica» del 22 aprile 2025

Condividi sui social