Lectio divina sulla Lettera ai Colossesi: trascrizione del terzo incontro animato il 16 gennaio 2025 da padre Stefano
Lectio divinaSan Miniato al Monte, giovedì 16 gennaio 2025
Lectio Divina sulla Lettera ai Colossesi
III Incontro con Padre Stefano
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Salmo 40 (39)
2 Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido. 3 Mi ha tratto da un pozzo di acque tumultuose, dal fango della palude; ha stabilito i miei piedi sulla roccia, ha reso sicuri i miei passi. 4 Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo, una lode al nostro Dio. Molti vedranno e avranno timore e confideranno nel Signore. 5 Beato l’uomo che ha posto la sua fiducia nel Signore e non si volge verso chi segue gli idoli né verso chi segue la menzogna. 6 Quante meraviglie hai fatto, tu, Signore, mio Dio, quanti progetti in nostro favore: nessuno a te si può paragonare! Se li voglio annunciare e proclamare, sono troppi per essere contati. 7 Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. 8 Allora ho detto: «Ecco, io vengo. Nel rotolo del libro su di me è scritto 9 di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo». 10 Ho annunciato la tua giustizia nella grande assemblea;
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vedi: non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai.
11 Non ho nascosto la tua giustizia dentro il mio cuore, la tua verità e la tua salvezza ho proclamato. Non ho celato il tuo amore e la tua fedeltà alla grande assemblea. 12 Non rifiutarmi, Signore, la tua misericordia; il tuo amore e la tua fedeltà mi proteggano sempre, 13 perché mi circondano mali senza numero, le mie colpe mi opprimono e non riesco più a vedere: sono più dei capelli del mio capo, il mio cuore viene meno. 14 Dégnati, Signore, di liberarmi; Signore, vieni presto in mio aiuto. 15 Siano svergognati e confusi quanti cercano di togliermi la vita. Retrocedano, coperti d’infamia, quanti godono della mia rovina. 16 Se ne tornino indietro pieni di vergogna quelli che mi dicono: «Ti sta bene!». 17 Esultino e gioiscano in te quelli che ti cercano; dicano sempre: «Il Signore è grande!» quelli che amano la tua salvezza. 18 Ma io sono povero e bisognoso: di me ha cura il Signore. Tu sei mio aiuto e mio liberatore: mio Dio, non tardare.
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Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito, com’era nel principio, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen
Signore apri l’orecchio del nostro cuore perché sappiamo ascoltare la tua parola, essere orientati dalla tua volontà e nel conoscere la verità della tua volontà, avere la forza nello Spirito Santo di compierla, per renderti gloria, per essere perfezionati nell’amore e nell’amore crescere nella conoscenza di te e godere nella speranza che ci attende nei cieli. Per Cristo nostro Signore, Amen
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Quando tra breve leggeremo il testo e ci soffermeremo sui primi passi della Lettera, quelli dell’azione di grazia e della preghiera d’intercessione, vi accorgerete che alcuni versetti del Salmo 40, sono in consonanza con quanto ha a che fare sia con Paolo, sia con i Colossesi e probabilmente poi con ciascuno di noi.
Chiaramente il Salmo è una preghiera e quindi è rivolta a Dio, mentre invece, leggendo il testo paolino, avremo a che fare con quelle che il famoso esegeta J. N. Aletti chiama ‘le menzioni di preghiera’, ovvero quelle espressioni in cui si dà conto del fatto che si prega o si rende grazie.
Breve strutturazione del Saluto iniziale e dell’Exordium della Lettera ai Colossesi
Schema epistolare: Saluto iniziale (1,1-2)
exordium con sviluppi innici (1,3-23)
vv 3-8 Azione di grazie di Paolo a motivo dei frutti dei Colossesi (virtù teologali)
vv 9b-14 Preghiera di Paolo per il progresso dei Colossesi per la conoscenza della Volontà di Dio per una vita degna di Lui, con perseveranza e rendendo grazie al Padre per la partecipazione alla sorte dei santi nella luce.
vv 15-20 Espansione cristologica
la partitio (1,21-23) o annuncio dei temi trattati:
- c) l’opera di Cristo per la santità dei credenti (vv 21-22)
- b) la fedeltà al vangelo ricevuto (v. 23a)
- a) e annunciato da Paolo (v. 23b)
Col 1,1-23:
–Saluto – Schema epistolare (1, 1-2):
1 1Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Timòteo, 2ai santi e credenti fratelli in Cristo che sono a Colosse: grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro.
–Exordium (1, 3-23):
Ringraziamento (1, 3-8)
3Noi rendiamo grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, continuamente pregando per voi, 4avendo avuto notizie della vostra fede in Cristo Gesù e della carità che avete verso tutti i santi 5a causa della speranza che vi attende nei cieli. Ne avete già udito l’annuncio dalla parola di verità del Vangelo 6che è giunto a voi. E come in tutto il mondo esso porta frutto e si sviluppa, così avviene anche fra voi, dal giorno in cui avete ascoltato e conosciuto la grazia di Dio nella verità, 7che avete appreso da Èpafra, nostro caro compagno nel ministero: egli è presso di voi un fedele ministro di Cristo 8e ci ha pure manifestato il vostro amore nello Spirito.
Intercessione (1, 9-14)
9Perciò anche noi, dal giorno in cui ne fummo informati, non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, 10perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio.
11Resi forti di ogni fortezza secondo la potenza della sua gloria, per essere perseveranti e magnanimi in tutto, 12ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. 13È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, 14per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati.
Espansione cristologica (1, 15-20)
15Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, 16perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui.
17Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono.
18Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose. 19È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza 20e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.
Partitio (1, 21-23)
21Un tempo anche voi eravate stranieri e nemici, con la mente intenta alle opere cattive; 22ora egli vi ha riconciliati nel corpo della sua carne mediante la morte, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili dinanzi a lui; 23purché restiate fondati e fermi nella fede, irremovibili nella speranza del Vangelo che avete ascoltato, il quale è stato annunciato in tutta la creazione che è sotto il cielo, e del quale io, Paolo, sono diventato ministro.
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Ho voluto porre qui tutto questo lungo brano perché abbiate un’idea di come Paolo comincia questa lettera; il corpo vero e proprio della lettera comincerà solo dopo questa parte, al v. 24 del capitolo primo.
Qui abbiamo il saluto e poi un esordio costituito da un’azione di grazie in cui Paolo in qualche modo si attira la benevolenza dei suoi uditori, mostrando la conoscenza che ha di loro, ma anche la vicinanza attraverso il riconoscimento del dono di Dio in mezzo a loro, in particolare dell’azione esuberante del Vangelo che cresce e viene accolto.
Poi Paolo insiste sulla preghiera per i Colossesi che ha come oggetto la richiesta di una crescita nella conoscenza di Dio capace di trasformare il cuore e manifestarsi nella condotta di vita.
L’intercessione si chiude con un’esortazione a rendere grazie perché c’è stato un dono enorme, cioè la liberazione da una condizione tenebrosa che il Padre ha donato, grazie all’amore del Signore Gesù, per mezzo del quale abbiamo appunto la redenzione e il perdono dei peccati.
Certamente la trasformazione del cuore è stata resa possibile dall’azione di Gesù Cristo.
Al versetto 15 inizia quello che da molti esegeti moderni è stato considerato un inno prepaolino adattato, salvo poi dividersi sia nella ricostruzione dell’inno originale che nella precisazione degli adattamenti paolini.
J.N. Aletti pur non escludendo la possibilità che Col 1, 15-20 possa essere un inno prepaolino preferisce chiamarlo un’espansione, cioè uno sviluppo cristologico che dà il tono di ciò che a Paolo interessa approfondire in questa lettera.
Se leggete tutto l’epistolario paolino, vi accorgerete che se c’è una cosa che caratterizza la Lettera ai Colossesi è la concentrazione straordinaria su Cristo. Oggi sentiremo nominare lo Spirito Santo e poi non sarà più menzionato esplicitamente nel resto del testo; non perché non sia importante o fondamentale, ma perché a Paolo interessa concentrarsi sulla mediazione di Cristo, in risposta alle difficoltà e ai rischi a cui sono sottoposti i Colossesi.
Un po’ come Papa Benedetto quando esortava la Chiesa mettendola in guardia da tutti i relativismi e i sincretismi, ossia dal fare della religione un ‘mercato fai da te’.
Il tema è di grande attualità anche oggi in tempi in cui spesso si usano le tecnologie per reperire dati e fonti, le più disparate, senza il confronto con la tradizione vivente.
La nostra proposta di Lectio Divina vorrebbe aiutare a farci percepire come parte di un’azione corale, di un cammino di generazioni nella fedeltà al Vangelo, nell’intelligenza del Vangelo, nella correzione, nella misericordia. Questa dimensione ecclesiale diventa qualche cosa di essenziale per il fatto che è proprio nella realtà dell’organismo vivo della Chiesa che si ascolta la Parola, che ci si lascia istruire dalla presenza del Signore, che ci si mette nel cammino autentico della successione apostolica, che può farsi strada l’azione dello Spirito che permette di farci fare un’esperienza autentica e non semplicemente soggettiva. Fra l’altro ciò aiuta a far fronte a una patologia molto grave della nostra contemporaneità, che è proprio l’individualismo più spinto, favorito da svariate circostanze.
Ora consideriamo da vicino la prima parte dell’exordium, quella del Ringraziamento, in fondo alla sintesi troverete una serie di citazioni dall’epistolario paolino che ci serviranno; l’intento è di darvi uno strumento di approfondimento, per la pratica personale della Lectio Divina.
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Ringraziamento (1,3-8).
La prima espressione con cui comincia il testo è “Noi rendiamo grazie” e sapete benissimo che rendere grazie in greco si dice eukaristò, da cui deriva il termine Eucaristia.
Quindi Paolo esordisce con questo termine molto importante e usa il plurale perché, come abbiamo già visto, la lettera ha un co-mittente che è Timoteo. Dunque, Paolo e Timoteo scrivono alla Chiesa di Colosse, rendono grazie a Dio con questa specificazione: “Padre del Signore nostro Gesù Cristo”. Nell’epistolario paolino, è la prima e unica volta in cui questa dicitura, di per sé molto comune, viene usata nel ringraziamento dell’esordio, ulteriore indizio di quanto la lettura ci offrirà: approfondimento e sviluppo della nostra relazione e conoscenza di Gesù Cristo.
Normalmente la preghiera è sempre rivolta a Dio, raramente è diretta a Cristo, proprio per la sua funzione di mediatore e perché come afferma Gesù stesso: “Io e il Padre siamo una cosa sola.” (Gv 10, 30)
Andando avanti troviamo scritto “continuamente pregando per voi” (v. 3). Innanzi tutto, da un punto di vista immediato, il fatto di sapere che i vostri pastori pregano continuamente per voi, e sentirvelo dire, è una cosa che fa molto bene e apre subito il cuore. È una realtà.
Paolo, in una lettera sicuramente autentica, la Seconda ai Corinzi, quando in qualche modo si vuole difendere, dice che lui ha lottato e sofferto moltissimo per il Vangelo, che ha dovuto affrontare naufragi, persecuzioni e il continuo assillo per le Chiese di Dio. Parla, cioè, della sua consapevolezza, del suo impegno costante in favore di quelle comunità che hanno accolto il Vangelo e che sono piccole, fragili e sempre comunque a rischio di fermarsi, o addirittura di tornare indietro, o di essere in qualche modo depistate.
Tenete anche conto che non tutti i Colossesi conoscono direttamente Paolo, – ce lo dice subito dopo -, perché da tutti i documenti non risulta che lui sia mai stato a Colosse e la sua conoscenza di questa comunità viene mediata da Èpafra che ne è il fondatore e che Paolo associa a sé chiamandolo “caro compagno nel ministero” (v. 6), in greco ‘syndoulos’ che tradotto in italiano letteralmente sarebbe ‘con-servo’.
In questa maniera, tramite Èpafra, Paolo afferma anche la sua premura pastorale per i Colossesi.
Ebbene, in questa preghiera insistita di Paolo e di Timoteo, in questo momento si sottolinea principalmente la dimensione di ringraziamento per la comunità dei Colossesi, perché Paolo ha avuto notizia, ovviamente da Èpafra, “… della vostra fede in Cristo Gesù e della carità che avete verso tutti i santi, a causa della speranza che vi attende nei cieli.”
Abbiamo già detto che il nome ‘santi’ è quello classico con cui Paolo chiama i cristiani.
Fede, speranza e carità, sono quelle che poi la tradizione cristiana chiamerà le ‘virtù teologali’ che vengono infuse in modo particolare nel battesimo. Questa non è la prima volta che sono nominate tutte insieme, infatti le troviamo citate all’inizio della prima Lettera ai Tessalonicesi, dove si legge:
“Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro.”
In questo caso la speranza è in Cristo.
Se leggete tutti questi testi paralleli nell’epistolario paolino, imparate a cogliere le differenti sfumature. Paolo non scrive allo stesso modo a tutte le comunità, infatti i contesti e le situazioni cambiano e normalmente già all’inizio di ogni lettera c’è qualche cosa che ci richiama quello che interessa Paolo o il tipo di rapporto che Paolo ha con quella comunità. Per esempio, la comunità dei Tessalonicesi l’ha fondata Paolo e questo è il primo e più antico scritto del Nuovo Testamento, almeno secondo gli studi fatti fino a oggi.
Come vedete, qui Paolo già parla del frutto dell’accoglienza del Vangelo che, nel caso dei Tessalonicesi, sfocia nello sviluppo della fede operosa e anche della carità.
Normalmente la fede è posta per prima, tranne il caso in cui Paolo avrà bisogno di forzare un po’ la carità del destinatario, Filemone. Mi riferisco ai vv. 4-7 della Lettera a Filemone:
“Rendo grazie al mio Dio, ricordandomi sempre di te nelle mie preghiere, perché sento parlare della tua carità e della fede che hai nel Signore Gesù e verso tutti i santi. La tua partecipazione alla fede diventi operante, per far conoscere tutto il bene che c’è tra noi per Cristo. La tua carità è stata per me motivo di grande gioia e consolazione, fratello, perché per opera tua i santi sono stati profondamente confortati.”
In questo caso Paolo ha bisogno di chiedere un piacere a Filemone, (il quale tra l’altro era di Colosse), perché il suo schiavo Onesimo, (che troviamo menzionato nella parte finale della nostra lettera), era scappato ed era andato da Paolo, che in quel momento si trovava in prigione. Paolo dopo aver beneficiato del servizio amorevole di Onesimo lo ha rimandato da Filemone, con la lettera in cui fa tutto un lungo ragionamento per arrivare a dirgli che è vero che Filemone è il padrone di Onesimo e che Onesimo ha trasgredito ai suoi ordini fuggendo, ma poiché anche Filemone deve qualcosa a Paolo che gli ha trasmesso la fede, gli chiede (non glielo comanda) di riaccogliere Onesimo come un fratello e di stare tranquillo.
Probabilmente la vicenda si sarà risolta proprio così, perché la Lettera ai Colossesi che viene scritta dopo riporta ancora la presenza di Onesimo. Ebbene, in questo caso poiché Paolo vuole forzare la carità di Filemone pone la carità in primo piano, la cita per prima e poi anche qui raccomanda a Filemone che, se crede, la sua fede deve diventare operante.
Questo biglietto a Filemone, costituito da un unico capitolo, è sicuramente scritto da Paolo, non ci sono dubbi sulla sua autenticità.
Soprattutto in certi ambiti si sente spesso contrapporre Paolo a Giacomo, dove il primo sarebbe quello che esalta la fede e il secondo le opere, ma se è vero che nella Lettera ai Romani Paolo dice che è la fede che salva, tuttavia per lui una volta che tu hai accolto la fede, se questa non ti muove alla carità allora non hai capito nulla e non sei un vero cristiano.
Se poi leggi la Lettera di Giacomo e vedi che lui insiste molto sull’importanza delle opere, probabilmente è perché vuole correggere una possibile deriva che lui riscontra. È sempre bene leggere un po’ tutto perché a volte ci sono delle letture parziali, compiute anche da personaggi molto noti, che però risentono di un approccio pregiudiziale.
Notate invece sempre l’equilibrio, anche quello del grande apostolo Paolo.
Ebbene, per Paolo sono motivo di grande gratitudine l’esercizio delle virtù di fede, speranza e carità da parte dei Tessalonicesi.
Nel caso dei Colossesi, sulla speranza ci sarà molto da dire, infatti Paolo al v. 5 del Ringraziamento dice:
“a causa della speranza che vi attende nei cieli.”
Ora se voi leggete le grandi lettere di Paolo, – come quelle ai Corinzi, ai Romani e anche la prima lettera ai Tessalonicesi che abbiamo appena citato – vi accorgerete che normalmente le virtù teologali sono correlate alla dimensione temporale. La fede permette di accogliere la primizia della salvezza, la carità ci permette di camminare nella storia presente fedeli al Vangelo, ma la speranza è quella che ci trascina verso il futuro, dove finalmente dopo aver partecipato alle sofferenze di Cristo potremo partecipare anche alla sua gloria.
San Benedetto a conclusione del prologo della sua Regola, applica ai monaci il testo di Rom 8,17 dicendo che essi “si uniscono per la pazienza alle sofferenze di Cristo, per meritare di partecipare al suo regno” (Prologo 50).
Nel caso della Lettera ai Colossesi, la speranza non è collocata in un quadro temporale orientata al futuro, ma è posta in forma spaziale nei Cieli. Avremo modo di tornarci sopra, perché per l’autore è molto importante mettere in evidenza quale sia la portata cosmica della presenza di Cristo.
Che cos’è l’elemento dinamico che stimola la gratitudine, l’effervescenza di questo ringraziamento?
Col 1: “5bavete già udito la parola di verità del Vangelo che è giunto a voi e come in tutto il mondo esso porta frutto e si sviluppa.”
Ovviamente Èpafra ha portato l’annunzio del Signore Gesù, dell’evento del mistero pasquale che è fonte di salvezza. La sottolineatura della verità riferita alla parola del Vangelo potrebbe essere già un anticipo, dell’intenzione di giudicare alla luce del Vangelo i rischi di deviazione che saranno presentati nel corpo della lettera (2,6-23).
Il Vangelo, quasi indipendentemente dai testimoni, continua a fruttificare e a svilupparsi nel mondo e questa è la grande gioia di Paolo.
- 6: “così avviene anche fra voi, dal giorno in cui avete ascoltato e conosciuto la grazia di Dio nella verità”, qui c’è un’altra volta la sottolineatura della verità.
Vv.7-8: “che avete appreso da Èpafra, nostro caro compagno nel ministero: egli è presso di voi un fedele ministro di Cristo e ci ha pure manifestato il vostro amore nello Spirito.”
Perciò è Èpafra che ha portato la notizia della grazia di Dio ai Colossesi e ha anche manifestato a Paolo i frutti della comunità di Colosse. Qui si parla non di semplice amore umano, ma di amore nello Spirito, e questa citazione insieme a quella che compare al v. 9 nell’intercessione, sono le uniche due citazioni esplicite allo Spirito che si ritrovano in questa lettera.
Gli Atti degli apostoli e le altre lettere di Paolo, in particolare la Lettera ai Filippesi, ma anche la sorella di Colossesi, ossia la Lettera agli Efesini che sviluppa molto la dimensione ecclesiale, ci mostrano molto di più l’azione dello Spirito, che è quella di creare comunione. Lo Spirito infatti è amore che si dilata e in questo caso Paolo lo riconosce già agente fra i Colossesi.
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Passiamo ora ad analizzare la parte dell’Intercessione (1, 9-14).
- 9: “Perciò anche noi, dal giorno in cui ne fummo informati, non cessiamo di pregare per voi”
C’è sempre questa relazione mediata che riguarda gli abitanti di Colosse, perché loro come del resto anche i Romani non hanno ricevuto il Vangelo da Paolo; infatti, Paolo arriverà a Roma solo dopo aver scritto la Lettera ai Romani.
Poi di nuovo, (come già al v. 3), Paolo dice di pregare per i Colossesi e ovviamente si tratta di una preghiera di richiesta. Prima ha sottolineato l’azione di grazie per le virtù dei Colossesi, per la fecondità del Vangelo e ha anche sottolineato la collaborazione di Èpafra, ora ritorna sulla preghiera per chiedere che loro abbiano “piena conoscenza della sua volontà”, (in gr. Epìgnosis = Sopra-conoscenza) della volontà di Dio, “con ogni sapienza e intelligenza spirituale”.
- 10: “perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio.”
Come al v. 6 del Ringraziamento aveva detto che il Vangelo porta frutto e si sviluppa in tutto il mondo, così ora insiste a dire che anche l’azione dei Colossesi, grazie ad una conoscenza della volontà di Dio, permette di operare e di comportarsi in maniera tale da piacere a Dio, di portare frutto in ogni opera buona e di crescere nella conoscenza di Dio.
Sono tre gli elementi per cui Paolo prega e per i quali dobbiamo pregare anche noi, perché non è automatica la crescita nella conoscenza di Dio, né tantomeno automatico è capire la sua volontà nelle situazioni concrete; in alcuni casi ‘ancora ancora’, in altri non è per niente facile capire la sua volontà, e ancor più difficile è rendersi conto del senso della sua volontà.
Voi avrete sicuramente in mente situazioni specifiche che possono confermare quanto appena detto.
È importante cercare di conoscere la sua volontà perché la nostra vita porti frutto, abbia una sua efficacia, una sua bellezza, non secondo i criteri mondani – ecco perché si chiede anche la sapienza spirituale – ma ovviamente una conoscenza relazionata a Dio, per conoscere Lui e in particolare per entrare in una relazione sempre più profonda con Cristo.
In questo modo Paolo ci insegna le priorità della preghiera, dell’intercessione per gli altri; non ci fa vedere come lui prega, ma ci dice dell’importanza di alcune cose rispetto ad altre. Mostrandoci quanto lui si rallegra della fecondità del Vangelo, ci fa capire l’importanza della sua diffusione e della preghiera perché siano aperte le porte dei cuori e sia possibile la testimonianza, (quasi come se si dovesse innescare la miccia e poi il fuoco si propaga anche da sé), per permettere agli altri di entrare in relazione con Cristo e poi per sostenere il difficile cammino di approfondimento e di crescita attraverso la vita, (perché è la vita che rivela la verità della nostra relazione con Dio), di questa esperienza di alleanza, di relazione, addirittura di mutua immanenza o (per usare un’espressione che Paolo usa più avanti nel capitolo I di questa lettera ai Colossesi), del “Cristo in noi, speranza della gloria.” (Col 1, 27)
Questo è il mistero con cui vuol metterci in contatto Paolo.
L’intercessione continua al v. 11:
“Resi forti di ogni fortezza secondo la potenza della sua gloria, per essere perseveranti e magnanimi in tutto”
Qui nel testo greco ci sono due termini, ‘hypomoné’ che traduce un po’ la resistenza, la capacità di perseverare, di tenere il passo di fronte alle difficoltà della vita e ‘macrotymia’, un termine che si può tradurre bene con magnanimità, quella di chi ha il cuore largo, che sa far spazio. Quando le persone sono libere interiormente, normalmente, hanno un cuore grande che permette agli altri di respirare. Se l’hypomoné serve per reggere, la macrotimia serve per respirare e far respirare.
Questo chiede Paolo, consapevole di quanto ce ne sia bisogno.
Dopo aver dato notizia della sua preghiera per loro, Paolo torna di nuovo a dire, questa volta con l’imperativo al v. 12:
“ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce.”
Qui chiaramente c’è già un richiamo battesimale, -la luce, l’illuminazione-. Il battesimo poi sarà trattato nel corpo della lettera in modo diretto.
Ebbene, questa partecipazione, questa esperienza, è degna di essere presa a tema ed è da lì che si parte a rendere grazie; noi potremmo dire: “Signore ti rendo grazie perché ti sei rivelato nella mia vita, perché mi hai donato chi mi ha portato notizia di te.” Possono essere stati i genitori, i nonni, la chiesa locale o una persona significativa che te l’hanno fatto riscoprire e proprio perché non si tratta di una cosa da poco, allora Paolo con la sua forza esorta a rendere grazie e poi spiega anche meglio la motivazione.
Perché, dice al v. 13, è il Padre “che ci ha liberati dal potere delle tenebre”.
In effetti sapete bene quanto spesso anche noi attraversiamo fasi oscure sia a causa di certe vicende personali o familiari, sia per la difficoltà di riuscire a leggere gli avvenimenti, le piccole o grandi situazioni del tempo in cui viviamo, sia anche per la difficoltà di dover affrontare certe fasi tanto difficili che la stessa storia presenta. Quindi, non è che avendo conosciuto il Vangelo e avendolo accolto siamo diventati automaticamente e permanentemente dei fari, per questo Paolo chiede sempre un progresso, un perfezionamento, una crescita, perché stiamo parlando di un cammino che non finisce e non basta mai, è sempre frammentario in questo nostro percorso terreno, anche se è animato dalla speranza.
La vittoria sul male e sulla morte attuata in Gesù Cristo ci abilità a camminare nella speranza e noi la speranza la riponiamo in lui che si rivela a noi. Non si tratta di una esteriore rivelazione di notizie, ma di una rivelazione che lo Spirito Santo porta dentro la nostra vita.
Questo lo vediamo dal fatto che la nostra riflessione, accoglienza, celebrazione della Parola e (ancora più ampiamente di tutto) il mistero cristiano come nei sacramenti, è qualche cosa che ci fa entrare in una relazione viva e quindi ha tutto un portato di pacificazione, di conferma, di custodia, di orientamento, che hanno un peso rilevante nella vita.
Vv. 13- 14: “E’ lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati.”
Noi alle volte, soprattutto di fronte all’esperienza del male nelle sue varie manifestazioni, non siamo molto sicuri di essere liberati dal potere delle tenebre e trovandoci a dover affrontare certe esperienze il Signore ci sembra essere quasi un po’ ‘beffardo’ rispetto a come noi intendiamo la vita. Allora, qualche volta ci può capitare di essere attraversati dal dubbio che poi alla fine neanche il Signore ce la faccia, o che, se anche ce la fa e sappia cosa sta facendo, comunque qui le cose non funzionino.
Per non dire poi di quando arriviamo a pensare “Allora a cosa serve pregare?”; oppure “Ma Dio non lo sa quello che deve fare? Allora che intervenga!”
Vedete allora come noi abbiamo sempre bisogno di ricentrarci, di rifocalizzarci, di assumere la perseveranza e quell’allargamento del cuore che viene comunque dal riporre la speranza nel Signore, cioè dal credere fermamente che lui fa tornare i conti, anche quando noi non lo vediamo. Questo è un aspetto molto importante, perché altrimenti si rimane paralizzati, delusi, disillusi e poi il nostro cuore inizia a ghiacciarsi e se si ghiaccia può succedere che diventiamo anche meschini.
Può accadere a tutti, anche a noi, nessuno è esente da rischi, per questo è importante essere aperti e condividere l’esperienza della fede, perché nessuno ha tutte le risorse per conto suo. Ci si aiuta, ci si porta insieme.
Dio Padre ci ha già ‘’trasferiti nel regno del Figlio del suo amore’’ (v. 13), anche se noi ancora non vediamo il Figlio del suo amore regnare pienamente su tutto, o meglio, per esprimerci con la Lettera agli Ebrei:
“Avendo sottomesso a lui tutte le cose, nulla ha lasciato che non gli fosse sottomesso. Al momento presente però non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui sottomessa.” (Eb 2, 8)
Paolo negli scritti proto-paolini e in particolare nella prima Lettera ai Corinzi afferma che, quando Gesù finalmente avrà sconfitto il peccato e la morte, a quel punto consegnerà il regno al Padre, perché Dio sia tutto in tutti (cfr 1Cor 15, 22-28).
Perciò, mentre nei suoi primi scritti Paolo sottolinea la dimensione temporale in cui l’azione del Signore è compiuta in Cristo come primizia e troverà compimento alla fine dei tempi, nella Lettera ai Colossesi invece si esalta di più la dimensione spaziale, perché noi siamo già dentro il regno del Figlio del suo amore.
Durante la Messa del Battesimo di Gesù, (nella domenica 12 gennaio 2025), abbiamo ascoltato un brano tratto dal Vangelo di Luca in cui il Padre dice al Figlio: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento.” (Lc 3, 22)
Noi entriamo in questo tipo di figliolanza, nonostante il perdurare nella nostra fragilità e con tutte le nostre incapacità a stare al passo col Vangelo, per cui in tanti ambiti non ci comportiamo sempre “in maniera degna del Signore” (v. 1, 10)
Se andate a rileggere ‘Il discorso della montagna’ nei capitoli 5-7 del Vangelo di Matteo, capite subito quanto siamo distanti dall’essere all’altezza di quanto il Signore prescrive a chi vuol essere suo discepolo.
Proprio l’esperienza del perdono e della misericordia che riceviamo dal Signore ci rialza, ci permette di non scoraggiarci, di perseverare e ci pone in un atteggiamento di speranza per noi e per gli altri.
Paolo ringrazia e invita a rendere grazie per quanto già è presente ed è stato compiuto da Dio, mentre intercede e invita ad intercedere per ciò che non è stato ancora raggiunto.
Nel seguito del testo non si parlerà più di preghiera, salvo alla fine, quando nell’ultimo capitolo Paolo comincerà ad esortare fortemente i Colossesi a pregare per lui, insistendo molto sull’importanza di questo aspetto, il fatto cioè che lui stesso abbia bisogno della preghiera dei fratelli perché gli si aprano le porte del Vangelo. Perché è grazie all’azione della preghiera, un’azione in cui è coinvolto tutto il corpo ecclesiale, che il Vangelo può camminare nella storia; perché i cuori si devono aprire e questo è un dono e il dono va chiesto.
Anche nella Lettera agli Efesini Paolo torna sull’importanza della preghiera: “In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi. E pregate anche per me, affinché, quando apro la bocca, mi sia data la parola, per far conoscere con franchezza il mistero del Vangelo, per il quale sono ambasciatore in catene, e affinché io possa annunciarlo con quel coraggio con il quale devo parlare.” (Ef 6, 18-20)
In questa lettera, a differenza di quella ai Colossesi, Paolo nomina spesso lo Spirito, (non solo in questo passo), poi dice di essere ambasciatore in catene, perché questa Lettera, quella ai Colossesi, quella a Filemone e quella ai Filippesi sono state scritte dal carcere e per questo sono anche chiamate ‘lettere dalla prigionia’.
Ancora nel finale della Lettera a Filemone, dice: “grazie alle vostre preghiere, spero di essere restituito a voi.” (Fm 22b)
Come potete vedere Paolo coinvolge sempre i fratelli nella fede, lui prega per le comunità e le comunità pregano per lui. Nella preghiera c’è un’azione dello Spirito che crea comunione, mantiene vivo e agente il legame col Signore Gesù e di conseguenza permette di non sprofondare nelle tenebre e nelle visioni mondane di lettura della realtà. Questo aspetto è molto significativo.
Ancora una volta Paolo ribadisce l’importanza del compito della preghiera nella Seconda Lettera ai Corinzi: “Da quella morte però egli ci ha liberato e ci libererà, e per la speranza che abbiamo in lui ancora ci libererà, grazie anche alla vostra cooperazione nella preghiera per noi. Così, per il favore divino ottenutoci da molte persone, saranno molti a rendere grazie per noi.” (2Cor 1, 10-11)
Paolo è molto libero, ma ha questa passione del voler coinvolgere gli altri e questo è un aspetto bellissimo.
Se la Lettera ai Colossesi, come molti studiosi ritengono, fosse frutto dei discepoli di Paolo e non di Paolo, allora il maestro sarebbe riuscito a coinvolgere così tanto e bene i suoi discepoli, che loro poi sarebbero stati capaci di portare avanti il pensiero del loro maestro in maniera davvero autentica.
Concludo con una citazione di Oscar Cullmann, un grande teologo evangelico, che ha scritto un testo sulla preghiera nel Nuovo Testamento, di cui riporto alcuni estratti che ci interessano per analizzare la preghiera paolina e il suo fondamento teologico:
“Per capire meglio il senso profondo che, secondo Paolo, la preghiera assume nei suoi diversi contenuti, partiamo dal rapporto inscindibile che lega, per lui, la preghiera e lo Spirito Santo; su questo rapporto si fondano tutti gli aspetti della preghiera: l’esigenza di perseverare, l’essere uniti al volere di Dio, l’oggetto della preghiera, l’esaudimento. (…)”
Dell’esaudimento riparleremo prossimamente, quando tratteremo delle sofferenze di Paolo.
“Il fondamento teologico del rapporto tra preghiera e Spirito santo risulta soprattutto dal passo di Rom 8,12-27, che dev’essere integrato da Gal 4,6 (vedi testi pp.11-12). Da tutti e due i passi risulta chiaramente che lo Spirito Santo, essendo colui che parla nella nostra preghiera, ne è il soggetto.”
Il contenuto fondamentale di questi due passi di Paolo è che lo Spirito in noi ci rende coscienti di essere figli, perché grida “Abba! Padre!” e con gemiti inesprimibili intercede secondo i disegni di Dio.
“(…) Ecco la verità profonda della preghiera, di cui siamo debitori riconoscenti all’apostolo. (…) La presenza dello Spirito Santo nella preghiera significa due cose: lo Spirito ci fa conoscere la sua presenza e noi possiamo e dobbiamo cercare in questa presenza la risposta alla nostra preghiera. Lo sperimentò Blaise Pascal quando si sentì interpellato da Dio: “Non mi cercheresti, se tu non mi avessi già trovato”. In questa concezione paolina la preghiera supera in dignità ogni altro discorso umano; è l’unica parola umana con la quale possiamo trascendere la nostra umanità. Si profila un superamento nel “non ancora”; la preghiera è un parlare escatologico.”
È Oscar Cullmann che ha coniato l’espressione “già e non ancora” con cui leggere tutta l’economia della rivelazione e le sue implicazioni. Alla sua affermazione che la preghiera è un parlare escatologico, perché già riguarda le cose ultime, io oserei aggiungere che è anche come l’amore. Le vostre esperienze di eccedenza di amore, nelle sue varie forme come quella dell’amicizia ecc…, sono qualche cosa che già vi fa percepire che si tocca l’eternità. Anche se è limitato l’amore che possiamo vivere, però ci richiama qualcosa che non passa, che va oltre; infatti, il linguaggio dell’amore è sempre un linguaggio di totalità, di eccedenza, di assolutezza, perché è questo che l’amore fa sperimentare.
Anche la preghiera produce questo tipo di frutto dentro la nostra vita, ci pone già nelle realtà definitive e a differenza dell’amore che le fa pregustare, la preghiera in qualche modo ci porta dentro quando ancora pensiamo di esserne distanti, perché con la preghiera raggiungiamo già quanto ancora non è presente, se così non fosse non chiederemmo neppure.
Continua O. Cullmann:
“(…) Se lo Spirito parla in noi, non vuol dire che noi non siamo coinvolti; anzi proprio per questo dobbiamo cercare il dialogo con Dio. Infatti se lo Spirito Santo fin d’ora “ci rinnova di giorno in giorno” (2Cor 4,16), ciò non significa che non dobbiamo fare la nostra parte: anzi, tutto il nostro pensiero e tutta la nostra condotta ne ricevono impulso.
È quindi del tutto naturale che Paolo, appunto perché radica così profondamente la preghiera nello Spirito, non si stanchi di esortare i lettori a perseverare nella preghiera e dia egli stesso un esempio di una vita totalmente forgiata dalla preghiera.”
Capite però che non si parla di uno stare tutto il giorno a recitare formule, perché Paolo, che era sicuramente una persona molto attiva, non aveva certo a disposizione tutto il giorno per fare questo,
eppure, insiste a dire che prega continuamente, è sempre in questa relazione viva con Dio e sempre impegnato nella testimonianza grazie anche al supporto di coloro che hanno aderito alla fede e pregano per lui.
Credo che tutto questo sia sufficiente per oggi e spero che ci dia anche stimolo e voglia di crescere in questa dimensione viva e vivace della relazione con Dio.
Se ora per conto vostro rileggerete il Salmo 40 (39), forse vi risuoneranno molte più cose.
Sia lodato Gesù Cristo
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Testi per un ulteriore approfondimento:
Alcuni passi tratti da altre lettere paoline.
1Tess 1: “2Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere 3e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro.”
1Tess 2: “13Proprio per questo anche noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti.”
Rom 1: “8Anzitutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché della vostra fede si parla nel mondo intero.”
Fil 1: “3Rendo grazie al mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi. 4Sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia 5a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo, dal primo giorno fino al presente. 6Sono persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. 7È giusto, del resto, che io provi questi sentimenti per tutti voi, perché vi porto nel cuore, sia quando sono in prigionia, sia quando difendo e confermo il
Vangelo, voi che con me siete tutti partecipi della grazia. 8Infatti Dio mi è testimone del vivo desiderio che nutro per tutti voi nell’amore di Cristo Gesù. 9E perciò prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, 10perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, 11ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio.”
Ef 1: “5Perciò anch’io, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’ amore che avete verso tutti i santi, 16continuamente rendo grazie per voi ricordandovi nelle mie preghiere, 7affinché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; 18illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i
santi 19e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore.”
2Tess 1: “3Dobbiamo sempre rendere grazie a Dio per voi, fratelli, come è giusto, perché la vostra fede fa grandi progressi e l’amore di ciascuno di voi verso gli altri va crescendo. 4Così noi possiamo gloriarci di voi nelle Chiese di Dio, per la vostra perseveranza e la vostra fede in tutte le vostre persecuzioni e tribolazioni che sopportate.”
2Tess 1: “11Per questo preghiamo continuamente per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede, 12perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo.”
2Tess 2: “13Noi però dobbiamo sempre rendere grazie a Dio per voi, fratelli amati dal Signore, perché Dio vi ha scelti come primizia per la salvezza, per mezzo dello Spirito santificatore e della fede nella verità. 14° questo egli vi ha chiamati mediante il nostro Vangelo, per entrare in possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo.”
2Tim 1: “3Rendo grazie a Dio che io servo, come i miei antenati, con coscienza pura, ricordandomi di te nelle mie preghiere sempre, notte e giorno.”
Fm: “4Rendo grazie al mio Dio, ricordandomi sempre di te nelle mie preghiere, 5perché sento parlare della tua carità e della fede che hai nel Signore Gesù e verso tutti i santi. 6La tua partecipazione alla fede diventi operante, per far conoscere tutto il bene che c’è tra noi per Cristo. 7La tua carità è stata per me motivo di grande gioia e consolazione, fratello, perché per opera tua i santi sono stati
profondamente confortati.”
Ef 5: “18bsiate invece ricolmi dello Spirito, 19intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore, 20rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.”
1Tess 5 16Siate sempre lieti, 17pregate ininterrottamente, 18in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.
Rom 12: “12Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera.”
2Cor 1: “10Da quella morte però egli ci ha liberato e ci libererà, e per la speranza che abbiamo in lui ancora ci libererà, 11grazie anche alla vostra cooperazione nella preghiera per noi. Così, per il favore divino ottenutoci da molte persone, saranno molti a rendere grazie per noi.”
Ef 6: “18In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi. 19E pregate anche per me, affinché, quando apro la bocca, mi sia data la parola, per far conoscere con franchezza il mistero del Vangelo, 20per il quale sono ambasciatore in catene, e affinché io possa annunciarlo con quel coraggio con il quale devo parlare.”
2Tess 3: “1Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, 2e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi.”
Fm: “22bgrazie alle vostre preghiere, spero di essere restituito a voi.”
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Per poter seguire quanto affermato da O. Cullmann (v. p. 9) riguardo al fatto che il fondamento teologico del rapporto tra preghiera e Spirito Santo risulta soprattutto dal passo di Rom 8,14-27 integrato da quello di Gal 4,6, riporto qui di sotto questi due passi.
Rom 8 14Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. 15E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».
16Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. 17E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.
18Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi.
19L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.
20La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza 21che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. 22Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. 23Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. 24Nella speranza infatti siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? 25Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza.
26Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; 27e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio.”
Gal 4 6E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!
Trascrizione a cura di Gaia Francesca Iandelli, oblata benedettina secolare