Le ceneri in tempo di guerra
MeditazioniLe ceneri in tempo di guerra
Carissime sorelle e carissimi fratelli,
i giorni scanditi dalla liturgia ci avvertono dell’imminenza di una nuova stagione accordata non coi ritmi della natura, ma con quelli del mistero del Cristo vivente nel tempio del tempo. Lui, il Signore dell’amore, assumendo la nostra umanità, assume anche lo scorrere dei nostri minuti e con le energie dello Spirito ci permette di accedere, qui e ora, ai frutti preziosi della sua vicenda temporale trascorsa su questo suolo di terra in mezzo a noi. In quaresima, ripercorrendo le sue orme lasciate su dune sabbiose, torniamo volentieri a sentirci scolari del suo magistero di radicale figliolanza che schiude la sua e la nostra esistenza all’amore di un Padre indubbiamente invisibile, ma non per questo estraneo alle nostre attese e cieco ai nostri orizzonti, fossero anche quelli vaghi e indefiniti di un logorante deserto. Imparare a mettere a fuoco quella linea di confine fra le nostre presunte certezze e il suo altissimo mistero è il grande apprendistato quaresimale, ora più che mai difficile perché non la nebbia, ma addirittura il fumo del fuoco dei cannoni confonde e sfoca contorni e contenuti di quella visuale prospettica, già di suo così radicalmente esigente. La tentazione allora sarebbe quella di rinchiuderci nelle strettoie dei nostri mediocri e immediati riscontri, continuare l’istintiva autodifesa già messa a punto nella pandemia e perdere così di vista non solo l’aguzzo crinale dove più ripido e scosceso è il tratto che inaugura il suo esserci, ma addirittura assolutizzare le nostre scarse e contingenti risorse, fatalmente destinate a divenire idoli più o meno rassicuranti, nelle modalità aggiornate di saturanti gratificazioni, sterili compensazioni e qualsiasi altra esperienza capace di allontanarci dalle sofferte esigenze degli altri e distrarci dal nostro benedetto vuoto interiore. La quaresima al contrario ci conduce esattamente in questa voragine occulta, in questa sorta di depressione esistenziale che rivela i crepacci e le faglie di cui è fatta l’inconsistente consistenza della nostra personalità. Sarà un bene: forse in quell’oscuro anfratto solitamente sepolto da mille variopinte distrazioni riscopriremo in questi santi giorni quaresimali i riverberi ormai dimenticati della luce di Betlemme – annunzio di nascita di una nuova umanità amata oltre ogni suo merito- e, scivolando più giù ancora nel baratro delle nostre ambigue illusioni, con l’aiuto di qualche rinuncia dell’inessenziale e scansando allettanti ma illusori miraggi, testeremo la nostra consapevole disponibilità a non escludere l’oggettiva possibilità della morte. Di fatto quest’ultima è mille volte anticipata dai nostri tanti piccoli e grandi fallimenti abitualmente ignorati, ma che adesso possiamo e dobbiamo decifrare come occasione pasquale, accorgendoci che più del nostro angosciato narcisismo, dei nostri sensi di colpa e del nostro orgoglio ferito può la misericordia del Signore. Da quest’ultima scaturisce infatti la chiamata dello Spirito inviato dal Padre per invitarci a rinascere dal sepolcro del nostro rimosso passato e, forse più ancora, del nostro labile e incerto futuro. Impareremo così in questa austera, ma già primaverile stagione quaresimale più che a rinunciare ad annunziare con gioia come l’ebbrezza pasquale possa trasformare la vendetta in perdono, l’egoismo in amore e la diffidenza in una fiducia che ha finalmente imparato a diventare fede.