Omelie

«La via della pace». Omelia del padre abate Bernardo per la Domenica di Passione

10 aprile 2022 – Domenica della palme ©

 

Dal libro del profeta Isaìa
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési
Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Luca

 

Omelia

Fratelli e sorelle da questo momento sarà il Figlio dell’uomo, seduto alla destra della potenza di Dio, così ci dice il Signore nel cuore della sua Passione.

Ci rassicura questa sua affermazione, ce lo fa immaginare al vertice della storia e degli spazi che l’amore del Padre ha consegnato alla nostra cura e alla nostra responsabilità, quasi avessimo ricevuto il mandato di essere prosecutori di quella testimonianza il cui magistero oggi, come abbiamo pregato all’inizio di questa celebrazione eucaristica, vogliamo ricordare, tenere presente, portare nel cuore.

Un magistero che deve attuarsi soprattutto in un tempo così sofferto e difficile, un tempo per il quale ci rassicura ancora di più quello il Signore ha pronunciato all’inizio di questo straordinario racconto: Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi prima della mia passione poiché vi dico, non la mangerò più finchè essa non si compia nel Regno di Dio.

Credo sia molto importante per noi intuire l’incompiutezza del mistero pasquale, come di fatto si debba riconoscere un divario, uno scarto, una sorta di resistenza, di attrito al pieno dispiegarsi delle energie pasquali con la loro forza di riorientare tutto al Padre celeste, così è accaduto in quell’evento di risurrezione che celebreremo con pienezza domenica prossima, quando anche la morte ha dovuto obbedire a questa energia piena di comunione e di ritorno del Figlio al Padre, in una gloria che non poteva che essere vita, e vita piena.

E noi invece contempliamo scoraggiati la morte e la morte a prima vista piena, colma, di quelle esistenze che si sbriciolano per motivi che non sono degni della vita stessa , qualunque essi siano, riconoscendo nella vita un mistero insondabile la cui vocazione è essere nella pienezza del Padre, di fronte al quale qualsiasi altra ragione perde di importanza, di significato e di forza.

È questa l’intuizione che sta al fondo della ricerca di quella difficilissima via della pace che il Signore manifesta, agita, protesta quasi, quale unico percorso possibile per entrare in Gerusalemme e attuare in pienezza quel principato di pace che tuttavia né Gerusalemme allora, nè noi oggi riusciamo a riconoscere, a intuire, tanto meno ad attuare.

E questa parola pace si carica di una pregnanza che oso dire, va anche oltre il pur oggettivo drammatico, sanguinario, scenario bellico che è così vicino alle porte della nostra Europa, insieme a tanti altri scenari che spesso disinvoltamente dimentichiamo, qui cerchiamo insieme, fratelli e sorelle, una via importante della pace che attraversi  i nostri cuori, disarmi le nostre pretese, ponga le nostre vite in quella dignitosa soggezione al padre che trasforma in questa prospettiva verticale le nostre relazioni orizzontali in una azione profetica che collabora con l’amore del Padre e le energie del Figlio a che quella Pasqua inizi a compiersi non soltanto nel Regno che verrà, ma già ora.

Una prospettiva che manco a dirlo è molto lontana dall’amicizia che nasce fra Pilato e Erode, quella è la presunta pace con la quale troppe volte sembrano finire le nostre guerre, in un gioco di apparenza, di interessi, di conciliazioni che di fatto spogliano della loro forza spirituale e profetica l’autenticità di una pace che in questa prospettiva teologale e pasquale non può che scendere dall’alto, con una via e un percorso che possiamo scorgere solo se illuminati da un’esperienza sapiente di fede, di amore, quella che ancora una volta è  il Signore Gesù ad insegnarci, interrompendo quel momento di offerta radicale di sé, anticipata nella profezia dei gesti dello spezzare il pane, del versare il vino che sono anticipo di quanto accade l’indomani sulla croce, per educare i suoi al significato autentico che invera in pienezza l’Eucaristia a cui noi stiamo partecipando, Eucaristia come via della pace, come modalità, attraverso la quale, deponendo la nostra vita nell’amore del Figlio e con l’amore del Figlio, riorientiamo tutto di noi al Padre facendo della nostra vita un annuncio di servizio, di riconciliazione, di alleanza, di speranza e di futuro, ben altro da una Eucaristia che diventi appagamento intimo e devoto di chissà quale appetito spirituale, ma tensione storica che deve attraversare e addirittura superare la compagine ecclesiale, ponendoci, fratelli e sorelle, nel mondo come il segno di una ulteriorità che deve tornare ad essere in un certo senso la vera protagonista di qualsiasi negoziato di pace vera, una eccedenza che ci obbliga a vedere curva la linea della storia e possibilmente a inciderla, nella consapevolezza che i nostri sforzi di giustizia e di reciproco servizio, anche se in buona coscienza sono destinati ad una sostanziale provvisorietà, nella misura in cui restano chiusi nel piccolo e nell’angusto delle nostre umane capacità e prospettive, senza per così dire caricarsi di quello che il Signore si carica, ponendosi fratelli e sorelle, sotto l’economia d’amore del Padre, nell’unica modalità con cui l’umano poteva ritornare al Padre, affrontando cioè la totalità di una vita riposta con fede nei suoi disegni che includono anche inevitabilmente la fine della nostra esistenza organica, il limite, il vuoto, tutto quello che la Pasqua ci invita a riassumere e a rileggere in una prospettiva che le fa diventare non più barriere, fallimento, fine ma passaggio, Pesach, Pasqua appunto.

È questa attuazione che noi tendiamo ad assumere fratelli e sorelle per la salvezza del mondo, che non è certamente affidata alle nostre povere mani, tanto meno alle nostre risoluzioni ideologiche, ma è esattamente in questa prospettiva che insieme oggi riusciamo a riguadagnare, sollevando il nostro capo verso l’altro, dove siede il Figlio alla destra del Padre, paradossalmente sulla croce, da lì esercita questa regalità di servizio e nello stesso tempo, in questo giorno di festa, così segnata da contrasti chiaroscurali, vivendo questo riposo domenicale col quale si conclude questo Vangelo, lasciandoci immaginare il corpo del Signore Gesù deposto in un sepolcro.

Siamo lontani dall’esultanza tipica della domenica ed è bene che resti questo chiaroscuro quasi ambiguo, ma è anche bene che da questo riposo riparta la nostra sollecitudine con la quale in questa settimana siamo chiamati il più possibile, attraverso i grandi segni della liturgia e della devozione, a vivere l’intensità di questo passaggio del Signore Gesù risottoposto alla scansione analitica di giorni nei quali sarà possibile rivivere esattamente questo slabbrarsi del Figlio rispetto al Padre, del Figlio rispetto ai suoi discepoli, del Figlio rispetto a sé stesso, nell’orto del Getsemani, in quelle inenarrabili tentazioni, per poi rivivere quella ritrovata comunione che non è naturalmente il copione, il canovaccio di una storia già scritta,  di cui conosciamo già il finale, ma è il tornare ad attuarsi di questa economia che vede le nostre vite divaricate, fra la percezione netta che la fede ci dona, con la speranza che il Signore è già lassù seduto alla destra del Padre e nello stesso tempo vive una Pasqua la cui attuazione non è compiuta, ci dà appuntamento al Regno di Dio.

In questa divaricazione si apre uno spazio, sofferto, cruento, colmo di lacrime che dobbiamo percorrere con grande lucidità profetica, senza edulcorazioni, ma con questo monito fortissimo che scende nei nostri cuori per non confondere la pace con l’amicizia di Erode e Pilato e per essere pronti ad accoglierne i segni, le vie, gli impegnativi indizi per tracciare la misteriosa via della pace, quella attraverso la quale possiamo sperare, già ora in questa terra e in ogni luogo della terra, iniziando dal nostro cuore, possa approdare la via della pace. Amen!

Trascrizione a cura di Grazia Collini

Fotografia di Mariangela Montanari

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