«La quieta, ordinaria, efficace cinetica dell’amore pasquale di Cristo». Omelia del padre abate Bernardo per la XIII Domenica del Tempo Ordinario
30 giugno 2019 – XIII Domenica del Tempo Ordinario
Dal primo libro dei Re
In quei giorni, il Signore disse a Elìa: «Ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto».
Partito di lì, Elìa trovò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elìa, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello.
Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elìa, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elìa disse: «Va’ e torna, perché sai che cosa ho fatto per te».
Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elìa, entrando al suo servizio.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.
Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!
Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.
Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge.
Dal Vangelo secondo Luca
Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».
Omelia:
Cari fratelli e sorelle, anzitutto contempliamo in questa liturgia la santa beatitudine dell’ordinarietà pasquale di ogni settimana, trascorso il lungo tempo nel deserto quaresimale, l’esultanza vulcanica del tempo pasquale, l’elevazione in forza di quelle energie dirompenti che, con la luce dello Spirito Santo dopo Pentecoste ci hanno permesso di contemplare e celebrare i sovrani misteri della Santissima Trinità, del Corpo del Signore, financo precipitare nell’epicentro di grazia, luce e salvezza che è il Sacratissimo Cuore del Signore, ieri anche a tutto questo si è aggiunto la possibilità di sbilanciare il nostro sguardo, forti di quella solidità prismatica rappresentata dalle due colonne sopra le quali si ergono i principi fra gli Apostoli, Pietro e Paolo. Oggi: una bellissima domenica del tempo ordinario!
E’ davvero straordinaria l’ordinarietà che ci permette di contemplare questa sorta di onda lieve, aliena da grandi scosse, da grandi fremiti, ma che di fatto segnala un dinamismo essenziale per la nostra vita che trova nella scansione settimanale, davvero anche lì, una sorgente in realtà impetuosa di vita, di grazia, di movimento, che è proprio la celebrazione domenicale della Pasqua settimanale, con colori tenui, questo verde speranza con cui rivedrete il presbitero celebrare da qui fino addirittura al tempo di Avvento, vorrei che con me gustaste questo tempo quieto, adatto anche ora a questa stagione estiva , molti di voi vivranno -come mi auguro- le celebrazioni liturgiche magari sotto una pineta, vicino al mare o in montagna, condizioni non abituali. Sappiate che anche lì vi segue e vi precede comunque un’onda cinetica di amore e di energia, di speranza, di liberazione, per usare la parola che Paolo volentieri chiede al Galati, “purché questa liberazione si attui -egli dice- mediante l’amore, in forza dell’amore, con la potenza dell’amore” qualificando quella libertà da spazio soggettivo di arbitrarietà egoistica e autoreferenziale a meravigliosa dinamica di coesione, di reciprocità, di servizio, di attenzione, di cura. Questo è un programma che vale davvero una responsabilità che si dispiega nell’ordinario della nostra vita perché assume i tratti della straordinarietà della santità “all’estasi io preferisco la monotonia del sacrificio”, diceva Santa Teresina del Bambino Gesù, riconoscendo cioè questa capacità apparentemente umiliante, ma in realtà così regale, profetica, sacerdotale del Cristo stesso che svuota sé stesso per precipitare nell’ordinarietà della nostra vita.
Questa è l’estasi che ci piace, non porsi in chissà quale situazione che attira tutte le luci del mondo su di noi, ma quella davvero di farsi motrice nascosta, ma assolutamente affidabile e perseverante che tracci, come fiumi carsici di luce, un significato nuovo a questo rito portandoci dei grandi vertici liturgico-celebrativi dei mesi che ci hanno preceduto, la luce della Pasqua nelle gallerie nascoste della nostra vita, dove c’è oscurità dove può esserci apatia, rassegnazione, disillusione, diventare cioè fratelli e sorelle non alpinisti spericolati che cercano a tutti i costi chissà quale record, noi assomigliamo piuttosto a minatori senza paura, con sulle spalle uno zaino di luce preziosa. Adesso vogliamo scendere noi, fratelli e sorelle, portare la luce nelle depressioni storiche e culturali di questa nostra plaga cui assomiglia, ahimè, la storia del nostro presente e lo facciamo risvegliati da una consapevolezza forte, fortissima: essere stati chiamati dal Signore, essere stati scelti, come lo sono i suoi discepoli, come lo è questo straordinario Eliseo, avete notato piuttosto la differenza bellissima -vi parlo già con un registro un po’ estivo, siamo stanchi…la calura, allora perdonerete un po’ queste movenze retoriche ottocentesche, ma lo faccio per tenervi il più possibili attenti, anche se lo siete voi di principio ma insomma, mi diverto a pensare che così vi tengo più svegli. Avete notate la differenza? E’ importantissima. I discepoli del Signore, non accolti con lui dai samaritani che non avevano inteso che Gesù andava verso Gerusalemme: fuoco e fiamme li distruggiamo, ci pensiamo noi, gli esportatori della democrazia, si direbbe con il linguaggio socio politico del nostro oggi, mentre invece cosa accade? Eliseo è scelto da Elia su comando del Signore, guida dodici buoi, il dodicesimo lo tiene lui, simbologia mistica evidente del popolo di Israele, saranno gli apostoli, dodici sono i segni dello zodiaco lì, tutto torna in questa dimensione che svela il logos di Dio nella storia, e lui cosa fai? Ammazza due di questi pochissimi dodici buoi perché il popolo mangi e festeggi questa chiamata, come faremo a Camogli quando fra pochi giorni il nostro Francesco, monaco del nostro monastero di Camogli, sarà fatto diacono, ucciderà anche lui due buoi, anzi un po’ di pesce a Camogli per offrirlo a tutti noi che festeggeremo questa chiamata che lui ha da accogliere a servizio del popolo di Dio, questa logica che, ripeto, fa della nostra libertà, mediante l’amore, la potenza non del nostro io, cioè la carne, ma la trasparenza del Vangelo di salvezza, fare delle nostre vite, come fa il nostro Don Emilio nella regione di Bahia, una continua offerta, libagione di tutti coloro che vorremmo brillassero della nostra povera ma accesa fede, alle volte fiaccata ma sempre ardente speranza del nostro tenue, ma comunque luminoso amore, ecco diventare questa libagione qui per il bene di tutti.
E voglio anche insistere su un aspetto che è bellissimo in tempo di apatia come questo perché l’ordinarietà del tempo che torna oggi a ritmare in modo diverso, morbido ma elastico i tempi della Chiesa che poi, lasciatemelo dire sono i tempi del cosmo, perché la liturgia, i tempi della liturgia, decifrano i tempi del cosmo per questo c’è lo zodiaco lì, ecco in questa ordinarietà appare questo versetto di strabiliante potenza dinamica “stanno per compiersi i giorni in cui il Signore sta per essere elevato verso l’alto -ci dice Luca. Verso l’alto significa anzitutto la croce, non ci sbagliamo nessuna forma di esaltazione e di elevazione di Dio regale, è il trono della croce, Gesù ne è consapevole e prende “la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme”.
Bellissimo! Il testo greco lo esprime in un modo ancora più intenso, Gesù, dice, fa il muso duro verso Gerusalemme, cioè c’è una contrazione muscolare, davvero dice così il testo, del volto del Signore, facendo di questa tensione la via, la strada verso Gerusalemme. Vi ricordate? Io due o tre domeniche fa ho insistito tanto su un versetto della Lettera agli Ebrei che non avevo mai abbastanza amato e da quella domenica è uno dei miei versetti preferiti della Bibbia: “il sangue del Signore Gesù come via vivente e nuova” verso la Pasqua, una via viva, nuova, la stessa cosa è qui, Gesù col suo corpo, col suo sangue, i suoi muscoli, i suoi nervi, la sua presenza che è presenza umana divina, per nostra fortuna, umana divina, ecco che traccia già una traiettoria verso Gerusalemme col suo esserci: dinamico, cinetico speranzoso, pur nella consapevolezza della passione che lo aspetta
Questo ci dà veramente una forza incredibile, non solo necessaria perché con questa afa terribile dei giorni scorsi vorremmo, stile messicani, metterci sotto un enorme sombrero e aspettare che l’estate passi -questo è per lo meno il mio sentire, che odio l’estate- ma effettivamente, al di là di questa dimensione stagionale, esistenzialmente parlando, ed è la cosa più importante, quanto abbiamo bisogno di incrociare questo sguardo dinamico del Signore Gesù che contrae il volto per andare incontro a Gerusalemme, luogo della sua passione, della sua espiazione, ma anche della sua, davvero, elevazione verso il cielo.
Anche l’altro aspetto è bellissimo: “il cielo infinito del Signore Gesù”. Mi piace prolungare in questa dimensione anche un po’ di libertà estiva, tanto gli esegeti di professione sono in vacanza, questa immagine bellissima no? il Signore Gesù non ha una tana dove posare il capo, un cuscino, perché in effetti è in perenne tensione, in movimento, è bellissimo questo aspetto no? non ha il palazzetto dove fermarsi come abbiamo noi monaci, i vescovi, i presidenti etc etc, Gesù no, cammina sulla strada, un po’ come Don Emilio a Bahia, ma io devo dirvi che questa dimensione dinamica del Signore Gesù non finisce mai, anche in cielo, lui è dappertutto, è rivolto verso il Padre il che significa che è attraversato da una tensione, per nostra fortuna, che sprigiona e consuma, per così dire, nello stesso tempo un’energia che tiene in movimento la realtà e la storia , cioè questo Gesù non si installa in sé stesso, magari al cospetto del Padre in una postura statica, non è mai nelle sue corde e nel suo cuore diventare come si direbbe col linguaggio filosofico una ipostasi, già la parola ve la suggerisce questa idea di staticità, ipostare, certo è anche questo, è chiaro, ma tutto come abbiamo visto due domeniche fa nella incessante dinamica trinitaria, Padre, Figlio e Spirito Santo il che significa una centrifuga di amore, bellissimo questo, questo significa che all’orizzonte, anche quello che può sembrare statico come alle volte la striscia del mare quando non c’è vento in realtà è movimento, è vita, è tensione, distanza, prossimità e tutto e nell’amore il contrario di tutto.
Ma che meraviglia la nostra Fede!
Ce ne rendiamo conto di quante cose belle si sprigionano dall’aderire a questo Signore?
L’ultima cosa, e perdonate davvero questo sermo humilis , questo bellissimo contrapporre le nuove esigenze del Regno di Dio rispetto alle antiche chiamate, Elia concede a Eliseo ,come il priore di Camogli a Don Francesco, guarda vai a salutare i tuoi, giustamente, parte per una grande missione Eliseo, è giovane, deve congedarsi da casa. Qui no, qui il Signore effettivamente: lascia perdere, non andare a seppellire il tuo babbo, ho bisogno di te per un’urgenza che è quella del Regno, un linguaggio forte del Signore Gesù, irriducibile ai nostri criteri di eleganza relazionale, di buona educazione, di formalità di qualsiasi tipo, no?
Gesù è brutale, ce lo vogliamo dire, è brutale, ma è la brutalità che anticipa questa enorme energia di cui il Cristo deve disporre, fratelli e sorelle, per andare a Gerusalemme. Non è un pellegrinaggio Gerusalemme per lui, ma è davvero lo spazio dove si contraddice tutto, in poche ore la grande accoglienza della nostra domenica delle Palme, l’espulsione e la crocifissione.
Queste sono le dinamiche e i tempi, le energie, la massa, non basta nessuna amperometro per misurare tutta questa evoluzione nel Regno di Dio inaugurato da Cristo Gesù in questa modalità, ma questo però fratelli e sorelle significa che stiamo entrando in un campo gravitazionale, magnetico, orbitale dove davvero la forza della vita annulla la morte, la sconfigge, la trasfigura per meglio dire, la nientifica con le energie messe in campo dal Signore Gesù e questa è un’altra forza dinamica che oggi possiamo contemplare in questa aria piatta di domenica estiva dove vorrei restasse nella fantasia dei vostri sguardi, nella tensione, talvolta inevitabile rassegnazione del vostro, nostro cuore, il muso duro del Signore Gesù, colui che ci avverte: mai girarsi indietro mentre spingiamo l’aratro della vita, mai lasciarsi sedurre dalle stelle della nostalgia, del passato, del rimpianto, uomini e donne in Cristo siamo testimoni di quella che Mario Luzi chiama “la sostanza del futuro”.
Amen!
Trascrizione a cura di Grazia Collini
La fotografia è di Massimo Vitali