27 aprile 2018: Millenario di San Miniato al Monte. La poesia inedita di Davide Rondoni
MeditazioniPer il millenario di san Miniato al Monte, Firenze – 27 aprile 2018
Nei secoli vento chiaro, sangue nero
vengono e svaniscono
silenziosi
sento le loro voci, bisbigli, nenia
da città d’Italia o Siria
o terre distrutte, sognanti
forse come all’inizio Armenia
leggende e vite di uomini
folla sterminata di ombre prima
e dopo di me e tra quelle
mi ritraggo, prendo voce
da tutte, e chiedo
e affondo…
Dinanzi ai tuoi occhi di pietra bianca
stanno salendo
li sfianca, li tormenta
l’ascesa o una dura resa dei conti?
forse sono matti cercano la salita? o arrivano qui
distratti, una lieve turistica vita?
salgono uomini donne
cuori come lentissimi sfiniti bisonti
o bambini farfalle sulle scalinate
che cosa li spinge e
li divora ? cosa sono ora le creature
umane, cosa siamo diventate,
gli occhi piangono, ridono ancora ?
abbiamo i capelli spettinati, le mani ?
e nel petto la spina d’oro e buio
desideri lontani di un Dio o
tace remoto
astrale balbettio al nostro radar interiore ?
siamo solo qui per fare le foto?
ombre che salgono da qualcuno
o cercano l’ oblio ?
Non lo so, chi sa
precisamente cosa seduce o sferza
a salire, che magone o aria nei pensieri –
nemmeno in cima al monte si eguaglia
la nostra alla Sua altissima mente –
a Dio forse basta che almeno due
tra le ombre piano dicano: al monte, con le ciglia
piene di lacrime, sorrisi, rovine
e voli, su, su
a cercare cielo oltreconfine
luce, o almeno meraviglia…
a chiamare cosa fa di noi
qui pur così soli
-guarda come siam vestiti-
oscura famiglia, fratellanza
che a nessun altra somiglia,
e non di migliori, ma d’affamati
innamorati, smarriti inseguitori – –
tra le ombre due o tre, sei, chi?
strappandosi dalla bocca l’un l’altro come baci
o ultimo grido prima di morire: tu,
non andar via mai, Gesù,
sei così bello, Dio di tutti fratello,
e tu, Maria, cosa fai, non girare
lo sguardo, siamo
sempre con il respiro tra i denti, in ritardo…
al monte, al monte, a portare
i nostri sperdutissimi amori,
i nomi che dalle mani ci sono volati
i visi che passano nell’anima
come riflessi sulla vetrina – –
al monte a veder sorgere
ancora una volta
-ti prego, poi chiudimi gli occhi-
Firenze, la mattina
a portare la nostra violenta e fragile mendicanza
– o chiamatela almeno qui, non vedete?
ha tanti secoli ma sta nascendo, è piccina-
speranza.
La fotografia è di Mariangela Montanari