Invito alla «lectio divina»: il profeta Osea. Messaggio di padre Stefano in occasione della pandemia e sintesi dell’incontro del 27 febbraio 2020
Lectio divina1
San Miniato al Monte
Lectio Divina
Il profeta Osea (Os 1,2-9)
27 febbraio 2020
Preghiera iniziale
Signore, siamo qui per ascoltare e accogliere il tuo dono attraverso la lettura del profeta Osea.
Ti chiediamo la grazia del tuo Santo Spirito perché ci aiuti nella comprensione dei testi e nella crescita in quel processo che dall’investigare il significato dei testi ci porta a coglierne il senso per noi, nella nostra vita, ovvero a comprendere la Parola contenuta nelle Scritture, Parola che Tu rivolgi oggi al nostro cuore, talora distratto, affaticato, oppresso, depistato da mille difficili situazioni interne ed esterne.
Donaci la grazia della visita del tuo Santo Spirito, del tuo dono, del dono dei doni, del dono senza prezzo che è appunto lo Spirito che unisce le nostre vite in Cristo Gesù nostro Signore. Amen
1
Struttura del libro:
Introduzione (1,1) presentazione del profeta e coordinate temporali e geopolitiche del suo ministero
I parte (Os 1,2-3,5)
II parte (Os 4,1-11,11)
III parte (Os 12,1-14,9)
Conclusione (14,10) sorta di post-fazione che qualifica il libro come dottrina sapienziale sulla storia e per la vita
Struttura della prima parte (Os 1-3)1
Testo
Componenti strutturali
Contrassegni contenutistici
1,2-2,3
(A)
Racconto in terza persona
Incarico da parte del Signore di compiere un’azione simbolica (schema: incarico – esecuzione – interpretazione)
1,2-9 prospettiva di giudizio
2,1-3 prospettiva di salvezza (e nuovo inizio
in 2,1: “Ma accadrà che …”)
Matrimonio di Osea con una ‘prostituta’ Gomer, nascita dei tre figli (nell’ordine: un figlio, una figlia, un figlio) con nomi che esprimono un programma teologico: “Izreel”, “Nessuna misericordia”, “Non popolo mio”
2,1-3: I tre nomi sono mutati nel loro contrario in senso salvifico-escatologico
2,4-25
(B)
Discorso di Dio in due parti:
2,4-17: Il Signore come accusante (v. 4: esordio con imperativo) e giudice (v. 8: esordio dell’annuncio di vendetta con ‘Perciò’)
2,18-25: Annuncio della salvezza (con nuovo inizio: “In quei giorni …”)
2, 4-7: prova della colpa: Israele scambia JHWH con Baal
2,8-17: Punizione minacciata: devastazione del paese; intenzione: suscitare la nostalgia del ‘primo’ marito di Israele, JHWH
2,8-25: Nuovo inizio “nel deserto” (2,25 come 2,1-3, reinterpretazione dei nomi dei tre figli)
3,1-5
(A’)
Racconto in prima persona
Incarico dato a JHWH di compiere una nuova azione simbolica (schema: incarico-esecuzione- interpretazione)
3,1-4: Prospettiva di giudizio
3,5: Prospettiva di salvezza
Matrimonio di Osea con la donna adultera, connesso con la sua ‘quarantena’; significato: JHWH si sottrarrà ad Israele (giudizio)
3,5: Il giudizio muoverà Israele a tornare al Signore e al suo re ‘messianico’
Testo
Os1 1Parola del Signore rivolta a Osea, figlio di Beerì, al tempo di Ozia, di Iotam, di Acaz, di Ezechia, re di Giuda, e al tempo di Geroboamo, figlio di Ioas, re d’Israele.
2Inizio di quanto il Signore disse per mezzo di Osea:
E il Signore gli disse:
«Va’, prenditi in moglie una donna di prostituzioni,
e figli di prostituzioni,
poiché il paese non fa che prostituirsi allontanandosi dal Signore».
3Egli andò a prendere Gomer, figlia di Diblàim: ella concepì e gli partorì un figlio.
4E il Signore disse a lui:
«Chiamalo Izreèl,
perché tra poco punirò la casa di Ieu per il sangue sparso a Izreèl
1 E. Zenger, Introduzione all’Antico Testamento, Brescia 2005, 792
1
e porrò fine al regno della casa d’Israele.
5In quel giorno io spezzerò l’arco d’Israele nella valle di Izreèl».
6La donna concepì di nuovo e partorì una figlia
e gli disse:
«Chiamala Non-amata (lo’ruchamah),
perché non amerò più la casa d’Israele,
non li perdonerò più.
7Invece io amerò la casa di Giuda
e li salverò nel Signore, loro Dio;
non li salverò con l’arco, con la spada, con la guerra,
né con cavalli o cavalieri».
8Quando ebbe svezzato Non-amata, Gomer concepì e partorì un figlio.
9E disse:
«Chiamalo Non-popolo-mio,
perché voi non siete popolo mio
e io per voi non sono.
2 1Il numero degli Israeliti sarà come la sabbia del mare, che non si può misurare né contare.
E avverrà che invece di dire loro: “Voi non siete popolo mio”, si dirà loro: “Siete figli del Dio vivente”.
2I figli di Giuda e i figli d’Israele si riuniranno insieme, si daranno un unico capo e saliranno dalla terra, perché grande sarà il giorno di Izreèl!
3Dite ai vostri fratelli: “Popolo mio”, e alle vostre sorelle: “Amata”.
Lectio
Nelle fotocopie che vi ho distribuito trovate, innanzitutto, uno schema della struttura generale del Libro di Osea. Nel primo versetto del capitolo 1 l’introduzione, che abbiamo già commentato, esordisce con la parola di Dio data ad Osea figlio di Beerì, per poi proseguire con l’indicazione dei Re di Giuda e di Israele che permette la collocazione storica e geo-politica del Libro.
Si entra poi nel vivo del testo che per alcuni esegeti si divide in due, per altri in tre parti (noi seguiremo lo schema tripartito), l’ultimo versetto del Libro è una conclusione di stampo sapienziale, una postfazione, un’aggiunta del redattore che aveva anche scritto l’introduzione con un’importante indicazione in ordine ai riflessi che questo libro profetico può avere nella vita concreta di ogni lettore.
Le tre parti, di diversa lunghezza, sono caratterizzate da un genere letterario comune: la contesa giudiziaria, in ebraico Riv (“imputare”, “accusare”, “contendere”). Si tratta di una sorta di processo extragiudiziale nel quale, diversamente da un processo penale ordinario che si risolve con una sentenza, la pesante accusa rivolta da Dio per mezzo del profeta non è in ordine all’ottenimento di una condanna ma di un ravvedimento.
È un genere che troviamo spesso nell’Antico Testamento, un esempio lo troviamo nel Salmo 49(50) – numerazione ebraica tra parentesi – dove, a fronte di un’accusa di Dio che ridicolizza il formalismo vuoto di una religione sacrificale, emerge l’affermazione: Chi offre la lode in sacrificio, questi mi onora; a chi cammina nella retta via mostrerò la salvezza di Dio. Il Signore vuole condurre Israele, fuori da un’osservanza solo formale della Legge, al riconoscimento dell’azione liberante e gratuita di Dio che si può esprimere unicamente nella gratuità della lode.
1
Si propone un Dio che si àltera, dimostrando tutto il suo pathos2, perché ha a cuore l’uomo e tiene a non essere frainteso. Questo ci riguarda molto personalmente perché dobbiamo fare i conti con la tendenza, sempre in agguato, di farci un Dio a nostra immagine e somiglianza, mentre Genesi ci dice che siamo noi fatti a immagine e somiglianza di Dio (cfr Gen 1,27).
Nella Bibbia c’è un’evoluzione, a volte anche un’involuzione, dell’immagine di Dio, in realtà avviene un continuo smascheramento delle errate visioni di Dio che non appaiono più veritiere. Dio dà l’opportunità di abbandonare un’idea riduttiva che si ha di Lui per avanzare verso una sua maggiore conoscenza, anche se questo può disorientare.
Un esempio, a cui ho già accennato in passato, è quello dell’idea del male inteso come un venir meno di Dio alla sua fedeltà all’uomo, come se il male fosse una punizione del peccato in vista di un pentimento e di una richiesta di perdono.
Nella Bibbia questo andamento ritma una serie di testi, in particolare nei libri della tradizione deuteronomista (dal libro di Giosuè fino ai libri dei Re) e perfino nei Libri sapienziali più antichi si ribadisce lo stesso concetto in chiave morale, è la cosiddetta teoria della retribuzione: “fai male e ne avrai male, fai bene e ne otterrai bene”.
A queste visioni, che non sono totalmente false, ma hanno validità solo in ambiti circoscritti, si contrappongono altri testi biblici: il Libro di Giobbe in ordine alla sofferenza innocente e Qoelet in riferimento all’andamento del mondo.
La lettura della Bibbia non solo va fatta contestualizzando i vari testi, ma anche con consapevolezza perché, altrimenti, si può falsare il significato scambiando una parte per il tutto.
Nella Bibbia si assiste a una pedagogia divina e a una gradualità della rivelazione, che per noi cristiani trova in Gesù Cristo il suo culmine e compimento.
Anche nel cammino spirituale di chi si accosta alla Scrittura per cercare una relazione con Dio, la pedagogia divina è la medesima. Chi è all’inizio del cammino e senza troppe cognizioni spesso sperimenta che anche una lettura parziale “gli parla”, scopre un’attenzione di Dio che si rivela come cercatore dell’uomo prima ancora che l’uomo lo cerchi, all’entusiasmo iniziale segue, prima o poi, un approccio più ampio, rispettoso del testo, capace di aprirsi ad una conoscenza più adeguata e ampia di Dio e della sua alleanza, possono seguire poi fasi difficili, dove ci si confronta col dubbio, con l’indagine critica, si può vivere uno spaesamento perché ciò che prima parlava in modo apparentemente immediato non arriva più così, si scoprono più o meno apparenti contraddizioni e si è tentati di fermarsi o di tornare indietro.
2 Questa categoria del Pathos che distingue il Dio di Israele è messo in evidenza e costituisce il cuore dell’apporto del testo classico di Abraham J. Heschel, Il messaggi dei Profeti. Anche se le evoluzioni della ricerca storica hanno in parte sfumato le contrapposizioni che l’esegeta ebreo utilizzava per distinguere lo specifico del profetismo di Israele, rispetto alla galassia di profeti, indovini, oracoli delle popolazioni circostanti, riguardo alla caratterizzazione del Dio di Israele la sua teologia del pathos mantiene tutto il suo valore. Chi volesse approfondire il suddetto confronto tra profetismo di Israele e quello delle altre popolazioni del Medio oriente, un ottimo punto della ricerca è presentato da
Paolo Merlo, Il profetismo nel Vicino Oriente antico: panoramica di un fenomeno e difficoltà comparative, in Ricerche Storico Bibliche 29, 2009, 55-83, reperibile anche on-line.
1
La vita stessa per prima mette sul piatto realtà contraddittorie oltre che drammatiche, l’invito è a perseverare e a cercare più in profondità, fidandoci di Colui che ci conduce nel cammino anche quando sembra nascondersi o rendersi indecifrabile.
Nel testo di oggi si trova qualcosa riguardo a questa evoluzione di comprensione e di valutazione che testi diversi della Scrittura operano. In particolare, dal riferimento a Izreèl fatto da Osea, scopriamo che il nostro profeta rilegge un episodio di oltre un secolo prima, descritto ampiamente nel Secondo libro dei Re. Si tratta di un testo molto violento in cui lo sterminio effettuato dal re d’Israele Yeu viene interpretato come compimento puntuale della maledizione del profeta Elia, e dunque non è per nulla contestato, anzi è premiato da Dio, tuttavia, Osea rilegge l’episodio insieme alle conseguenze che rintraccia nella storia di Israele e ne dà una valutazione profondamente critica, rivelando così una visione di Dio assai differente e sicuramente più in linea con il Dio di Gesù Cristo (vi metto in allegato il lungo testo di 2Re 9-10 con alcune sottolineature per mettere in evidenza sia quanto il testo di Osea sottende sia la tensione tra i due testi).
Passiamo ad analizzare, ora, lo schema che si concentra sulla struttura della prima parte del Libro di Osea (Os 1-3) e che ho tratto dall’Introduzione all’Antico Testamento del compianto, grande esegeta tedesco Erich Zenger.
È uno schema che mostra come la prima parte del Libro di Osea (Os 1-3) sia suddivisa, a sua volta, in tre sezioni: oggi iniziamo ad analizzare la prima sezione.
Lo schema si suddivide in due parti, che corrispondono a due aspetti fondamentali: Componenti strutturali e Contrassegni contenutistici.
Avere presente l’insieme della prima parte del Libro, così come è schematizzata e riassunta, vi sarà di aiuto mentre analizzeremo, pian piano, ogni singola sezione.
Scorriamo insieme, velocemente, lo schema (che è stato riportato sopra). Nel secondo versetto della prima sezione (Osea 1,3) della prima parte, che è in terza persona, Dio incarica il profeta di compiere un’azione simbolica: andare a prendere per moglie una prostituta (Osea 1,2). L’azione simbolica è una caratteristica del profetismo di Israele. In Geremia o Ezechiele ed anche in Isaia, si trovano spesso azioni simboliche, viene chiesto al profeta di compiere un’azione in modo da suscitare una domanda alla quale egli stesso poi risponderà proiettando la sua personale esperienza in quella di Israele nel suo rapporto con Dio.
Queste azioni simboliche seguono il comune schema: comando, esecuzione, interpretazione.
Nel capitolo 1, quello che ora analizziamo, la prospettiva iniziale è quella del giudizio, alla fine sarà quella della salvezza e di un nuovo inizio, infatti, in 2,1 leggiamo: “E avverrà che invece di dire loro: “Voi non siete popolo mio”, si dirà loro: “Siete figli del Dio vivente”.
Il contenuto del capitolo riguarda il matrimonio di Osea con la prostituta Gomer, la nascita di tre figli, in ordine, un maschio, una femmina, un maschio, ai quali vengono dati nomi che esprimono programmi teologici: Izreèl, Non-amata, Non-popolo-mio.
1
I versetti 2,1-3 sembrano essere stati scritti per non allarmare troppo il lettore e sono di altro tenore, quasi per non far smettere di leggere un testo duro, preannunciando il fine inatteso verso cui il testo è orientato. Questa prima piccola sezione ci offre un percorso “esistenziale” che anticipa la struttura dell’intero testo che sarà molto impegnativo e non risparmierà nessuno, né chi è sposato, né i sacerdoti, che saranno contestati nel capitolo 4, né i governanti e le varie autorità.
Avremo poi un secondo quadro che comprende due parti: in 2,4-17 il Signore accusa e giudica, esordendo con un imperativo: “Ascoltate la parola del Signore”(2,4), al versetto 2,8 un annuncio di vendetta: “Come un’aquila piomba sulla casa del Signore la sciagura, perché hanno trasgredito la mia alleanza…”, nei versetti 2,18-35 l’annuncio della salvezza; nel testo troviamo due tra i versetti più belli della Bibbia, li leggeremo, merita attendere.
La prova della colpa di Israele è avere scambiato il Signore (nel testo ebraico troviamo il tetragramma sacro impronunciabile JHWH con il quale Dio ha rivelato a Mosè il suo nome sul Sinai e che, nella lettura, viene sostituito dagli ebrei col termine Adonai che significa appunto ‘Signore’) con Baal e non è una questione fra due dei locali.
Baal, il cui significato è “Signore” o “Marito” (Osea usa entrambi i termini), era uno degli dei della regione di Canaan, abitata dagli israeliti.
In realtà sono in contrapposizione due concezioni antagoniste di Dio: un Dio libero e liberatore che si rivela nella storia e un dio della fertilità legato alla ciclicità dei raccolti e invocato per ottenere benefici corrispondenti ai bisogni di sussistenza (fecondità e benessere), non di rado con culti che prevedevano riti in cui si praticava la prostituzione sacra.
L’intenzione della punizione minacciata dal Signore di devastare il paese è quella di suscitare la nostalgia del Signore, del primo Marito di Israele.
“Osea fin dall’inizio assimila il culto di Baal dei figli di Israele alla prostituzione (Os 1,2). Secondo lui infatti essi vanno verso i Baal per motivi d’interesse e abbandonano Adonai loro Dio dimenticando il suo amore e la loro storia comune (Os 2,10.15.17; 3,1) Perciò Israele è come una donna adultera che corre verso i suoi amanti per il profitto che ne può ricavare”(…)
Si può quindi osservare come baalismo e jahvismo siano in Osea due modalità radicalmente opposte di vivere le relazioni tra Dio e gli umani. Solo la seconda – a immagine dell’amore coniugale – rispetta i due partner e nel contempo li apre a una relazione reciproca in cui il bene dell’uno e quello dell’altro si coniugano in uno scambio intenso e sempre aperto, purché si acconsenta all’alterità inalienabile del partner, e dunque al limite; e anche purché venga intesa la sua parola che rinviando alla soddisfazione dei bisogni, risveglia li desiderio di cercare lui. In questo modo si inaugura una storia lungo la quale può fiorire la vita, mentre quest’ultima languisce irrimediabilmente se imbocca le vie dell’idolatria e della concupiscenza su cui si fonda”. (André Wenin)
Il capitolo 3 è il più breve: in esso Osea è invitato a riprendere la moglie, chiamata ora adultera e non più prostituta; egli la ricompra. Ancora il simbolismo di un’azione: il significato della dichiarazione di Osea di astensione da ogni rapporto con Gomer è simbolo della perduta intimità tra Dio e Israele. Nei primi 4 versetti troviamo una prospettiva di giudizio e nel versetto 5 un’apertura alla salvezza. Alla fine della
1
“quarantena” (come la chiama Zenger), cioè della purificazione, Israele, dopo essersi sottratto all’intimità con il suo Dio, tornerà al Signore e al suo Re messianico.
Leggiamo e commentiamo Osea 1,2-9.
In questo quadretto è rappresentata la biografia di Osea: abbiamo, innanzitutto, una chiamata paradossale (che ci interrogherà), poi l’allusione alla strana paternità di Osea, in quanto non è chiaro di chi siano i tre figli, perché è dichiarata solo la maternità, a differenza di altre nascite nella Bibbia: “Abramo si unì a Sara e nacque Isacco”, “Il Signore si ricordò di Anna che si unì a suo marito e nacque Samuele”. Qui, invece, chi genera è Gomer e Osea ha il solo ruolo di dare ai figli il nome.
Abbiamo poi il versetto 7, un’evidente aggiunta fuori contesto probabilmente dei discepoli del profeta, che scrivono non più nel regno di Israele (regno del Nord), ma in quello di Giuda (regno del Sud) dove avevano trovato rifugio dopo la caduta di Samaria (721 a.C.), capitale del regno di Israele, dovuta agli Assiri.
Col versetto 1 del secondo capitolo si cambia completamente registro, dal giudizio alla salvezza, indicando le prospettive dell’avvenire nel riprendere i nomi dei figli di Osea, capovolgendone il significato.
Scendiamo in dettaglio.
In Os 1,2 leggiamo:
Inizio di quanto il Signore disse per mezzo di Osea.
Alla lettera dovremmo tradurre: “Inizio del parlare/fare del Signore in (attraverso, a) Osea”. È importante sottolineare il senso del “dire, parlare”, perché la parola ebraica dabar significa anche “agire”, “fare”, indica, cioè, la Parola di Dio che “si realizza”, “si trasforma in evento”.
Un biblista contemporaneo, Guido Benzi, nella sua traduzione e commento usa una perifrasi: “Inizio della vicenda tra il Signore e Osea”, per indicare che non si tratta solamente di una comunicazione verbale da trasmettere, questo si nota subito dal primo paradossale e simbolico comando di andare a prendere in moglie una prostituta (una “donna di prostituzioni” alla lettera).
I Padri della Chiesa, increduli di fronte a questa richiesta di Dio moralmente riprovevole sono stati messi in difficoltà e hanno affermato che si trattava di un racconto avente un significato esclusivamente metaforico e non riferito a un fatto reale; anche san Girolamo sostiene l’interpretazione allegorica del testo, ovvero considera Os 1 come un discorso profetico il cui significato è espresso dai nomi dei figli di Osea. L’interpretazione allegorica poi, sulla scorta delle citazioni che troviamo nel Nuovo Testamento -dove il rifiuto di Israele verso Gesù permette l’ingresso dei pagani, figli di prostituzione, nel popolo di Dio (la Chiesa) -, orienta l’approfondimento spirituale e cristologico lasciando da parte ogni considerazione sul matrimonio di Osea.
Questa lettura sarà prevalente per lungo tempo; solo dal XVIII secolo si inizia a valutare un’ipotesi più realistica.
1
È Hermann von der Hart che ha dato inizio a un’interpretazione che apre all’esegesi moderna e giunge fino ai giorni nostri. La storia di Osea non è semplicemente la storia di una obbedienza a Dio, ma è anche quella di un amore umano.3 Osea parte da una sua drammatica esperienza, la rilegge nel profondo del cuore, dove è visitato da Dio, là trova un senso e comprende che Dio lo sta portando oltre: Osea comprende che, nella sua intimità, sta patendo l’esperienza della prostituzione dell’intero Israele che sta cercando di soddisfare dei bisogni o di ottenere dei guadagni allontanandosi nei fatti dal Signore e tradendolo; il profeta approfondirà molto questo processo.
Nel testo c’è la condivisione di Osea con Dio della possibilità di una trasformazione, di un nuovo inizio, anche se molto difficoltoso.
La vicenda ci porta nel cuore del vissuto di Dio, della sua alleanza con Israele espressa, probabilmente per la prima volta nella Bibbia, in chiave sponsale.
Si affronta, quindi, un nodo cruciale che, messo in luce dalla vicenda del profeta, preme a Dio stesso che denuncia la tragica realtà di un rapporto falsificato con Lui quando se ne ha uno idolatrico con tutto ciò che viene considerato come dio per soddisfare bisogni immediati spinti dalla ricerca di qualcosa che risolva, che soddisfi, che colmi.
La pedagogia di Dio porta oltre, non risolve ma chiama sempre ad una trasformazione; Giobbe, ad esempio, tocca il fondo, non ha nessuna risposta da Dio alle sue domande, ma arriva a dire: “Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono” (Gb42,5 ), malgrado il rapporto sofferto e pugnace con Dio e con i suoi amici, egli sperimenta una completa trasformazione della visione che ha di Dio.
Tornando al testo, il meccanismo è: comando di Dio, esecuzione da parte del profeta, sua interpretazione e spiegazione: “Ti dico questo perché il paese non fa che prostituirsi allontanandosi dal Signore; nella vita concreta tu potrai vivere questo dramma e quindi entrare in relazione con il Dio vivente e trasmettere una parola incisiva”.
Il profeta, chiamato da Dio, si mette egli stesso in una non auspicabile situazione nella quale si gioca la vita stessa: egli, uomo di Dio, entra dentro la realtà senza scandalo, assumendone il peso e non sfruttandola con una copertura moralistica. In realtà vedremo che anche Osea avrà una conversione: questa esperienza lo farà entrare esistenzialmente nella possibilità trasformante dell’amore gratuito e grazioso di Dio, come sarà anticipato dai primi versetti del secondo capitolo e di cui vedremo lo sviluppo nel testo, sempre in una forma paradossale.
Una volta appurato che ormai si è perso tutto, Dio capovolge la situazione con il suo amore indefettibile, che non si arrende mai, contro ogni pretesa di giustizia e di proporzione. Questo vorrà mostrarci Osea.
Osea dà il nome ai figli: dare il nome significa anche dare una missione – nomen omen-, il nome è presagio. Nel nostro caso i nomi sono simbolici.
3 H. Simina-Yofre, Il deserto degli dei. Teologia e storia nel libro di Osea, Bologna 1994, 13
1
Il nome Izreel è impegnativo, perché ha un aggancio storico importante, carico di significati (come vedremo tra un attimo); gli altri due, Non-amata e Non-popolo-mio, sono un’aperta denuncia di un rapporto che si sta sempre più snaturando e della perdita delle connotazioni che qualificano Israele come popolo eletto.
Tenete conto che stiamo parlando di un profeta dell’ottavo secolo, ma siccome potete considerare non finito il popolo di Dio, siete invitati a ricollocare il testo nella nostra storia: ora cerchiamo di capirne i nessi, ma poi, con la preghiera e con la ruminatio, li confronteremo con i nostri vissuti. In questo processo di ritorno alle origini, nel quale il grande lavoro va fatto su noi stessi e sulla trasformazione del nostro rapporto con il Signore alla luce della sua Parola, noi andiamo a toccare categorie ed esperienze fondamentali, come il rapporto nuziale con tutte le sue derive, la paternità difficile, la maternità in un contesto attuale “sfilacciato”.
Il nome Izreel significa “Dio ha seminato” o “Le semine di Dio” e saperlo ci sarà utile nel secondo capitolo, ma è anche un toponimo, cioè un nome che indica una città e una vallata molto fertile vicino al monte Tabor, che ancora oggi è il granaio di Israele.
Si tratta di un luogo strategico: la collina di Meghiddo si trova in fondo a questa vallata ed è sempre stata il teatro delle battaglie di Israele con gli altri popoli; anche posteriormente al profeta Osea continuerà ad avere rilevanza, fino a diventare il luogo della battaglia escatologica annunciata nell’Apocalisse di S. Giovanni: Armaghedon.
A Megiddo morirà Giosia, re di Giuda, grande riformatore religioso nel quale il popolo aveva sperato, ma che, con la sua morte prematura, deluderà ogni attesa di rinnovamento e autonomia politica; dopo di lui si scivolerà rapidamente verso gli eventi drammatici dell’esilio in Babilonia che precluderanno, definitivamente, ogni autonomia politica agli ebrei almeno fino al ventesimo secolo (si tocca qui un argomento controverso, che non possiamo affrontare in questo contesto).
Risalendo al nono secolo a.C. troviamo il fatto a cui fa riferimento Osea, che è raccontato nel Primo Libro dei Re al capitolo 21.
Il re di Israele, Acab, voleva acquistare una vigna contigua al suo palazzo che apparteneva a Nabot, ma egli non voleva vendergliela in quanto proprietà della sua famiglia da generazioni. Gezabele, la moglie di Acab, si propone per risolvere il problema, chiede ad Acab il sigillo reale per mandare ordini agli anziani di Izrael affinché Nabot sia accusato falsamente di aver maledetto Dio e il Re, così da essere condannato e lapidato, e permettere quindi al re di espropriare la vigna. A motivo di questa ingiustizia il profeta Elia pronuncerà una terribile condanna divina verso Acab. Dato il pentimento manifesto di Acab il Signore gli accorda il perdono, ma le conseguenze annunciate si verificheranno nella vita di suo figlio. (vedi testo di 2Re9-10 allegato).
Dio perdona il peccato, ma il male è foriero di male e circola nella storia.
Da Adamo ed Eva in poi è questa la logica: anche Davide, che aveva fatto uccidere Urìa l’Ittita, il marito di Betsabea, della quale si era invaghito, dopo l’intervento del profeta Natan esprime il suo pentimento pubblicamente (ad esso si riferisce il celeberrimo Salmo 51(50) Miserere), tuttavia sarà duramente colpito nei figli: uno morirà subito, un altro cercherà di usurpargli il potere e morirà anch’esso ucciso, e via dicendo.
All’inizio si ragiona così nella Bibbia (c’è una responsabilità corporativa), ma poi, nel sesto secolo, Ezechiele, nel capitolo 18 del suo Libro, segna un cambio di prospettiva e
1
da allora viene radicalmente sancito che ognuno è responsabile personalmente del suo peccato davanti a Dio e non lo sono i figli.
Il peccato e il male sono due cose diverse, questa distinzione è quanto mai opportuna.
Illuminante a questo proposito è la posizione assunta da Gesù, secondo quanto affermato in Lc 13
1 In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici.
2 Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte?
3No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
4O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?
5No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
E in Gv 9 troviamo scritto:
1Passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono:
«Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?».
3 Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano
manifestate le opere di Dio.
Gesù evita di collegare direttamente la disgrazia al peccato, quasi questa ne fosse una punizione, mentre sottolinea gli esiti disastrosi di vite che non si aprono alla grazia di Dio il quale ci interpella nelle vicende drammatiche con lo scopo di manifestare le sue opere.
Consapevole di aver solo dato degli abbozzi di fronte a una tematica molto complessa e drammaticamente importante, spero tuttavia di aver sollecitato la vostra ricerca, quanto mai necessaria in questo tempo che stiamo vivendo.
Mi permetto di concludere con una sottolineatura: La Bibbia contiene la Parola di Dio per noi, ma non si può leggerla in maniera fondamentalista, alla lettera, senza la fatica del contestualizzare e interpretare il testo, chiedendo umilmente a Dio il dono dello Spirito per cogliere cosa mi sta personalmente dicendo; è questa l’importanza del cammino che stiamo facendo insieme: la Parola di Dio la si accoglie nel nostro cuore, nella preghiera, il Signore ci proteggerà e se anche sbagliamo nell’interpretazione, a fronte di una ricerca onesta, ci sarà per noi la stessa evoluzione pedagogica che c’è stata per il popolo di Dio nella Bibbia, ma intanto è fondamentale perseverare in una relazione viva con Dio.
ALLEGATI
2Re 9 1Il profeta Eliseo chiamò uno dei figli dei profeti e gli disse: «Cingiti i fianchi, prendi in mano questo vasetto d’olio e va a Ramot di Gàlaad. 2Appena giunto là, cerca Ieu, figlio di Giòsafat, figlio di Nimsì. Entrato in casa, lo farai alzare tra i suoi fratelli e lo condurrai in una camera interna. 3Prenderai il vasetto dell’olio e lo verserai sulla sua testa, dicendo: “Così dice il Signore: Ti ungo re su Israele”. Poi aprirai la porta e fuggirai e non
1
aspetterai». 4Il giovane, il servo del profeta, andò a Ramot di Gàlaad. 5Appena giunto, trovò i capi dell’esercito seduti insieme. Egli disse: «Ho una parola per te, comandante». Ieu disse: «Per chi fra tutti noi?». Ed egli rispose: «Per te, comandante». 6Si alzò ed entrò in casa, e quello gli versò l’olio sulla testa dicendogli: «Così dice il Signore, Dio d’Israele: “Ti ungo re sul popolo del Signore, su Israele. 7Tu colpirai la casa di Acab, tuo signore; io vendicherò il sangue dei miei servi, i profeti, e il sangue di tutti i servi del Signore, sparso dalla mano di Gezabele. 8Tutta la casa di Acab perirà; io eliminerò ad Acab ogni maschio, schiavo o libero in Israele. 9Renderò la casa di Acab come la casa di Geroboamo, figlio di Nebat, e come la casa di Baasà, figlio di Achia. 10I cani divoreranno Gezabele nel campo di Izreèl; nessuno la seppellirà”». Quindi aprì la porta e fuggì. 11Quando Ieu uscì per raggiungere gli ufficiali del suo signore, gli domandarono: «Va tutto bene? Perché questo pazzo è venuto da te?». Egli disse loro: «Voi conoscete l’uomo e le sue chiacchiere». 12Gli dissero: «Non è vero! Su, raccontaci!». Egli disse: «Mi ha parlato così e così, affermando: “Così dice il Signore: Ti ungo re su Israele”». 13Allora si affrettarono e presero ciascuno il proprio mantello e lo stesero sui gradini sotto di lui, suonarono il corno e gridarono: «Ieu è re».
14Ieu, figlio di Giòsafat, figlio di Nimsì, congiurò contro Ioram. Ora Ioram aveva difeso con tutto Israele Ramot di Gàlaad di fronte a Cazaèl, re di Aram, 15poi il re Ioram era tornato a curarsi a Izreèl le ferite ricevute dagli Aramei nella guerra contro Cazaèl, re di Aram. Ieu disse: «Se tale è la vostra convinzione, nessuno fugga dalla città per andare ad annunciarlo a Izreèl». 16Ieu salì su un carro e partì per Izreèl, perché là giaceva malato Ioram e Acazia, re di Giuda, era sceso a visitarlo. 17La sentinella che stava sulla torre di Izreèl vide la schiera di Ieu che avanzava e disse: «Vedo una schiera». Ioram disse: «Prendi un cavaliere e mandalo loro incontro per domandare: “Tutto bene?”». 18Uno a cavallo andò loro incontro e disse: «Così dice il re: “Tutto bene?”». Ieu disse: «Che importa a te come vada? Passa dietro e seguimi». La sentinella riferì: «Il messaggero è arrivato da quelli, ma non torna indietro». 19Il re mandò un altro cavaliere che, giunto da quelli, disse: «Il re domanda: “Tutto bene?”». Ma Ieu disse: «Che importa a te come vada? Passa dietro e seguimi». 20La sentinella riferì: «È arrivato da quelli, ma non torna indietro. Il modo di guidare è come quello di Ieu, figlio di Nimsì: difatti guida all’impazzata». 21Ioram disse: «Attacca i cavalli». Attaccarono i cavalli al suo carro. Ioram, re d’Israele, e Acazia, re di Giuda, uscirono ognuno sul proprio carro. Uscirono incontro a Ieu, che trovarono nel campo di Nabot di Izreèl. 22Quando Ioram vide Ieu, gli domandò: «Tutto bene, Ieu?». Rispose: «Come può andare tutto bene fin quando durano le prostituzioni di Gezabele, tua madre, e le sue numerose magie?». 23Allora Ioram si volse indietro e fuggì, dicendo ad Acazia: «Tradimento, Acazia!». 24Ieu, impugnato l’arco, colpì Ioram tra le spalle. La freccia gli attraversò il cuore ed egli si accasciò sul carro. 25Ieu disse a Bidkar, suo scudiero: «Sollevalo, gettalo nel campo di Nabot di Izreèl. Ricòrdatelo: io e te eravamo con coloro che cavalcavano appaiati dietro Acab, suo padre, e il Signore proferì su di lui questo oracolo: 26“Non ho forse visto ieri il sangue di Nabot e il sangue dei suoi figli? Oracolo del Signore. Ti ripagherò in questo stesso campo. Oracolo del Signore”. Sollevalo e gettalo nel campo secondo la parola del Signore».
27Visto ciò, Acazia, re di Giuda, fuggì per la strada di Bet-Gan; Ieu l’inseguì e ordinò: «Colpite anche lui!». Lo colpirono sul carro nella salita di Gur, nelle vicinanze di Ibleàm. Egli fuggì a Meghiddo, dove morì. 28I suoi ufficiali lo portarono a Gerusalemme su un
1
carro e lo seppellirono nel suo sepolcro, accanto ai suoi padri, nella Città di Davide. 29Acazia era divenuto re di Giuda nell’anno undicesimo di Ioram, figlio di Acab. 30Ieu arrivò a Izreèl. Appena lo seppe, Gezabele si truccò gli occhi con stibio, si ornò il capo e si affacciò alla finestra. 31Mentre Ieu arrivava alla porta, gli domandò: «Tutto bene, Zimrì, assassino del suo signore?». 32Ieu alzò lo sguardo verso la finestra e disse: «Chi è con me? Chi?». Due o tre cortigiani si affacciarono a guardarlo. 33Egli disse: «Gettàtela giù». La gettarono giù. Parte del suo sangue schizzò sul muro e sui cavalli, che la calpestarono. 34Poi Ieu entrò, mangiò e bevve; alla fine ordinò: «Andate a vedere quella maledetta e seppellitela, perché era figlia di re». 35Andati per seppellirla, non trovarono altro che il cranio, i piedi e le palme delle mani. 36Tornati, riferirono il fatto a Ieu, che disse: «È la parola del Signore, che aveva detto per mezzo del suo servo Elia, il Tisbita: “Nel campo di Izreèl i cani divoreranno la carne di Gezabele. 37E il cadavere di Gezabele sarà come letame sulla superficie della campagna nel campo di Izreèl, così che non si potrà più dire: Questa è Gezabele”».
10 1Acab aveva settanta figli a Samaria. Ieu scrisse lettere e le inviò a Samaria ai capi di Izreèl, agli anziani e ai tutori dei figli di Acab. In esse diceva: 2«Ora, quando giungerà a voi questa lettera – voi, infatti, avete con voi i figli del vostro signore, i carri, i cavalli, la città fortificata e le armi – 3scegliete il figlio migliore e più retto del vostro signore e ponetelo sul trono di suo padre; combattete per la casa del vostro signore». 4Quelli ebbero una grande paura e dissero: «Ecco, due re non hanno potuto resistergli; come potremmo resistergli noi?». 5Il maggiordomo, il prefetto della città, gli anziani e i tutori mandarono a Ieu questo messaggio: «Noi siamo tuoi servi; noi faremo quanto ci ordinerai. Non faremo re nessuno; fa’ quanto ti piace». 6Ieu scrisse loro una seconda lettera, dicendo: «Se siete dalla mia parte e se obbedite alla mia parola, prendete le teste dei figli del vostro signore e presentatevi a me domani a quest’ora a Izreèl». I figli del re erano settanta; vivevano con i grandi della città, che li allevavano. 7Ricevuta la lettera, quelli presero i figli del re e li ammazzarono tutti e settanta; quindi posero le loro teste in ceste e le mandarono da lui a Izreèl. 8Si presentò un messaggero che riferì a Ieu: «Hanno portato le teste dei figli del re». Egli disse: «Ponetele in due mucchi alla soglia della porta fino al mattino». 9Il mattino dopo uscì e stando in piedi disse a tutto il popolo: «Voi siete giusti; ecco, io ho congiurato contro il mio signore e l’ho ucciso. Ma chi ha colpito tutti questi? 10Riconoscete dunque che non è caduta in terra nessuna delle parole del Signore, annunciate per mezzo del suo servo Elia riguardo alla casa di Acab; il Signore ha attuato quanto aveva predetto per mezzo di Elia, suo servo». 11Ieu colpì poi tutti i superstiti della casa di Acab a Izreèl, tutti i suoi grandi, i suoi amici e i suoi sacerdoti, fino a non lasciargli alcun superstite. 12Poi si alzò, partì e si avviò verso Samaria. Mentre si trovava per la strada, nella località di Bet-Eked-dei-Pastori, 13Ieu trovò i fratelli di Acazia, re di Giuda.
Egli domandò: «Voi, chi siete?». Risposero: «Siamo fratelli di Acazia; siamo scesi per salutare i figli del re e i figli della regina madre». 14Egli ordinò: «Prendeteli vivi». Li presero vivi, li ammazzarono presso la cisterna di Bet-Eked; erano quarantadue e non ne risparmiò neppure uno. 15Partito di lì, trovò Ionadàb, figlio di Recab, che gli veniva incontro; Ieu lo salutò e gli disse: «Il tuo cuore è retto come lo è il mio verso di te?». Ionadàb rispose: «Lo è». «Se lo è, dammi la mano». Ionadàb gliela diede. Ieu allora lo fece salire sul carro vicino a sé 16e gli disse: «Vieni con me per vedere il mio zelo per il
1
Signore». Lo fece viaggiare con sé sul proprio carro. 17Entrò in Samaria e colpì tutti i superstiti della casa di Acab fino ad annientarli, secondo la parola che il Signore aveva comunicato a Elia.
18Ieu radunò tutto il popolo e disse loro: «Acab ha servito Baal un poco; Ieu lo servirà molto. 19Ora convocatemi tutti i profeti di Baal, tutti i suoi servitori e tutti i suoi sacerdoti: non ne manchi neppure uno, perché intendo offrire un grande sacrificio a Baal. Chi mancherà non sarà lasciato in vita». Ieu agiva con astuzia, per distruggere tutti i servitori di Baal. 20Ieu disse: «Convocate una festa solenne a Baal». La convocarono. 21Ieu inviò messaggeri per tutto Israele; si presentarono tutti i servitori di Baal e non mancò nessuno. Entrarono nel tempio di Baal, che si riempì da un’estremità all’altra. 22Ieu disse al guardarobiere: «Tira fuori le vesti per tutti i servitori di Baal», ed egli le tirò fuori. 23Ieu, accompagnato da Ionadàb figlio di Recab, entrò nel tempio di Baal e disse ai servitori di Baal: «Verificate bene che non ci sia qui fra voi nessuno dei servitori del Signore, ma che ci siano solo servitori di Baal». 24Entrarono quindi per compiere sacrifici e olocausti. Ieu però aveva posto all’esterno ottanta uomini dei suoi, ai quali aveva detto: «Se a qualcuno sfuggirà uno degli uomini che consegno nelle vostre mani, darà la sua vita al posto della vita di quello». 25Quando ebbe finito di compiere l’olocausto, Ieu disse alle guardie e agli scudieri: «Entrate, colpiteli. Nessuno scappi». Le guardie e gli scudieri li colpirono a fil di spada e li gettarono via. Poi le guardie e gli scudieri andarono fino alla cella del tempio di Baal. 26Portarono fuori le stele del tempio di Baal e le bruciarono. 27La stele di Baal la fecero a pezzi, poi demolirono il tempio di Baal e lo ridussero a latrina fino ad oggi. 28Ieu fece scomparire Baal da Israele.
29Ma Ieu non si allontanò dai peccati che Geroboamo, figlio di Nebat, aveva fatto commettere a Israele e non abbandonò i vitelli d’oro che erano a Betel e a Dan.
30Il Signore disse a Ieu: «Poiché hai agito bene, facendo ciò che è giusto ai miei occhi, e hai compiuto per la casa di Acab quanto era nel mio cuore, i tuoi figli, fino alla quarta generazione, siederanno sul trono d’Israele».
31Ma Ieu non si curò di seguire la legge del Signore, Dio d’Israele, con tutto il suo cuore; non si allontanò dai peccati che Geroboamo aveva fatto commettere a Israele.
32In quel tempo il Signore cominciò a ridurre Israele; infatti Cazaèl sconfisse gli Israeliti in tutto il loro territorio: 33dal Giordano, verso oriente, occupò tutta la terra di Gàlaad, dei Gaditi, dei Rubeniti e dei Manassiti, da Aroèr, che è presso il torrente Arnon, fino al Gàlaad e al Basan.
Le altre gesta di Ieu, tutte le azioni della sua potenza, non sono forse descritte nel libro delle Cronache dei re d’Israele? 35Ieu si addormentò con i suoi padri e lo seppellirono a Samaria. Al suo posto divenne re suo figlio Ioacàz. 36La durata del regno di Ieu su Israele, a Samaria, fu di ventotto anni.
La fotografia è di Mariangela Montanari