«GBG». Uno scritto di padre Bernardo alla memoria di Gianni Berengo Gardin
Meditazioni
Carissimo maestro Gianni, non ti ho mai incontrato, ho avuto solo la gioia di donarti al telefono il balbettio di poche parole incaricate di esprimere l’ammirazione e la gratitudine del mio cuore che condivide con tutti coloro che, amando follemente San Miniato al Monte, non possono non avvertire una misteriosa e avvincente famigliarità con questo tuo bellissimo sguardo sulla nostra millenaria basilica. Un tuo scatto di tanti anni fa, forse addirittura del 1967, che ha consegnato alla perenne memoria del patrimonio universale il passo controvento di dom Antonino, incaricato dall’abate di allora delle benedizioni richieste per le sepolture nel cimitero monumentale delle Porte Sante, o, meno probabilmente, di dom Angelico, il fratello che, col volto incorniciato da candidi capelli e con un serafico sorriso sulle labbra, trasformava il nostro negozietto in una vera e propria «porta della fede» (At 14,27). Essere stati fotografati dalla tua leggendaria Leica era e resta un privilegio assoluto che accomuna in realtà tante e pochissime persone, fra cui un monaco di Monte Oliveto Maggiore che, in un angolo riparato del chiostro di mezzo della nostra casa madre, hai saputo mirabilmente intagliare nella penombra parallela ad un affresco dedicato ad un confratello vissuto diversi secoli fa. Dei due monaci lì ritratti non si sapeva e non si sa chi sia più espressione di una fulminea e acquietante estasi metatemporale, tanto straordinaria era la tua capacità di trasformare l’istante dinamico della storia e la controversa vitalità della natura e degli uomini e delle donne in una sorta di trascendenza incarnata nella geometria perfetta del tuo mitico bianco e nero. Sono loro, uomini e donne, siamo noi, tutti e tutte, le vittime e i protagonisti di queste due forze spesso violentemente contrapposte, natura e storia, della cui incessante dialettica l’esito è quella quotidiana epopea, umile e gloriosa assieme, che tu hai saputo magistralmente e profeticamente cogliere e narrare per aiutarci a riscrivere anzitutto l’autocoscienza di noi italiani, poi dei tanti che da sempre approdano e attraversano questa nostra terra splendida e sfortunata. Di loro, di noi, senza mai escludere gli spazi della rimozione sociale e della dannazione culturale, tu hai voluto cogliere le luci e le incongruenze con un’estetica costantemente capace di destare interrogativi, inquietudini e indisponibilità a digerire con il compromesso e il surrogato quanto alterava e altera la vocazione alla pace e alla giustizia inscritta nella pienezza autentica ed esigente dell’umano e della sua bellezza più vera. Per questo non manca mai in ogni tua immagine quella straordinaria pietas certamente laica, ma nondimeno capace di riscattare la nostra vita, trasfigurandone con la forza e la puntualità della tua visione l’intima contraddizione, ampliandone la prospettiva e propiziandone la potenziale pregnanza. Accade così anche col passo avverso al vento del mio imprecisabile confratello di mezzo secolo fa, che grazie alla tua sublime ispirazione poetica, mi fa venire in menti i versi che Mario Luzi alla fine dello scorso millennio coniò per San Miniato al Monte:
Ricordate? Levò alto i pensieri, stellò forte la notte, inastò le sue bandiere di pace e d’amicizia la città dagli ardenti desideri che fu Firenze allora … Essere stata nel sogno di Lapira “la città posta sul monte” forse ancora la illumina, l’accende del fuoco dei suoi antichi santi e l’affligge, la rode, nella sua dura carità il presente di infamia, di sangue, di indifferenza.
Non può essersi spento o languire troppo a lungo sotto le ceneri l’incendio. Siamo qui per ravvivarne col nostro alito le braci, chè duri e si propaghi, controfuoco alla vampa devastatrice del mondo. Siamo qui per questo. Stringiamoci la mano, sugli spalti di pace, nel segno di San Miniato.
A me piace immaginare che il Signore non casualmente proprio lo scorso 6 agosto, festa della Trasfigurazione, abbia serrato le palpebre dei tuoi occhi così inconfondibili nella loro orientaleggiante contrazione, quanto riconoscibili per il fruttuoso esito della loro grifagna osservazione «controfuoco alla vampa / devastatrice del mondo». I Vangeli sinottici ci narrano di quella mirabile luce che sul monte Tabor manifesta il compiacimento del Padre per l’umiltà del Figlio e la sua disponibilità a proseguire il suo drammatico esodo verso Gerusalemme con la ferma intenzione di deporre ogni privilegio che non fosse quello di una inesausta carità. I Padri della Chiesa erano concordi nel cogliere come in tanta mistica epifania del numinoso ad essere veramente trasfigurata fosse soprattutto la percezione ottica di quei pochi discepoli ammessi ad una esperienza più profonda del mistero di Cristo perché almeno qualcosa del loro cuore potesse prepararsi con speranza tenace ai durissimi giorni di Passione. Che tale luce sconfinata di stupore pasquale, così generosamente testimoniata dal paradossale eclissarsi del sole sul Crocifisso e così genialmente cercata, intuita ed espressa dalla tua arte, possa adesso accoglierti e darti infinito amore, carissimo maestro Gianni, anzi, carissimo GBG, sintesi consonantica che la tua fama mondiale è più che sufficiente per evocarti, come giustamente da tempo ci aveva avvertito il tuo amico e collega Ferdinando Scianna.
L’intricata e invadente sovrapposizione delle geometrie ferrose e mastodontiche su quelle bicrome, aeree e marmoree della facciata e degli interni della nostra Basilica romanica rende particolarmente difficoltoso il libero e leggero dispiegarsi del canto e delle coreografie liturgiche con cui […]
«Non obbedire a chi ti dice / di rinunziare all’impossibile! / L’impossibile solo / rende possibile la vita dell’uomo. // Tu fai bene a inseguire / il vento con un secchio. / Da te, e da te soltanto, / si […]
27 aprile 1018 ~ 27 aprile 20251007 anni di San Miniato al Monte, al mondo, al cielo e al Dio il cui «Amore è per sempre» La fotografia è di Mariangela Montanari, Obl. OSB