«Cosa siamo noi per Dio?» Omelia del padre abate Bernardo per la I Domenica di Quaresima
Omelie e meditazioniDal libro della Gènesi Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca, con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra». Dio disse: «Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future. Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra. Quando ammasserò le nubi sulla terra e apparirà l’arco sulle nubi, ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere che vive in ogni carne, e non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne».
Dalla prima lettera di san Pietro apostolo Carissimi, Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. E nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l’arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua. Quest’acqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo. Egli è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze.
Dal Vangelo secondo Marco In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Omelia:
Fratelli e sorelle, come affascina questa immagine del Signore Gesù accompagnato, da un lato da delle bestie selvatiche e dall’altro da degli angeli.
Sono due emisferi esistenziali, per così dire, contrapposti e assolutamente non complementari: o si starebbe con le bestie o si starebbe con gli angeli. Il Signore Gesù invece attraversa proprio questo confine, un confine che ci sembra così inclusivo di tutta la realtà, di quella realtà che sta di fronte al nostro sguardo umano, da un lato l’istintività degli animali, la forza indomita della creazione, con tutte le sue variabili, con tutte le sue potenzialità di bene e di male nei nostri riguardi, dall’altro questa sorta di geometria di perfezione rappresentata dalle intelligenze angeliche che giustamente i grandi poeti, artisti del medioevo, hanno immaginato come un tutt’uno con le grandi sfere che ruotano, con musiche e melodie perfette, intorno alla purissima essenza di Dio.
Gesù è in mezzo a tutto questo, fratelli e sorelle, e vorrei dire porta noi in mezzo a tutto questo, in una condizione esistenziale e geografica di limite, di prova, di sofferenza, di sgomento che è il deserto; questa è una delle pagine, potremmo dire, di una sorta di esistenzialismo evangelico, perché ci riporta davvero alla grande questione del perché la nostra esistenza, in questo suo essere sospesa, da un lato al configurarsi in una dinamica naturale, istintiva, tante volte lo diciamo, di sopravvivenza, di giusta sopravvivenza perché la vita è vita anche per gli animali, dall’altro questo tentativo di rileggerci in una dimensione di perfezione, di astrazione, di obbedienza geometrica, pitagorica, all’idea stessa di Dio. Altro non possono fare gli angeli, a pensarci bene, se non lodare il Signore, se non essere un tutt’uno con la sua volontà intelligente che pone armonia intorno a se stesso.
Però noi fratelli e sorelle stiamo con Gesù e quasi non ci accontentiamo di questo crinale, di questa alternativa secca, “aut aut”, e siamo dunque invitati nel deserto della nostra vita, con le sue potenzialità, ma anche le sue tante angosce, gli interrogativi, le sofferenze a porci il perché di questa esistenza, il perché di questa vita, esposta da un lato per sopravvivere a se stessa ad una istintività che si sottrae per molti versi al grande dramma del bene e del male -l’animale non se lo pone questo problema quando per custodire la sua vita aggredisce animali più deboli- e d’altro canto neppure riusciamo a stare, diciamolo con grande franchezza, in una dimensione, per così dire, di soggezione all’entità di Dio, come possono fare gli angeli che in fondo partecipano di quell’intelligenza che li pone per molti versi al di là del dramma della nostra libertà.
E’ vero, c’è stata la ribellione di Satana, lui sì con noi condivide questo attrito col mistero di un Dio purissima intelligenza, che chiede solo e soltanto un’adesione che si fa canto senza fine, e proprio con Satana non a caso è l’appuntamento nel deserto, con questa idea di libertà che, per costituirsi fino in fondo, corre il rischio di porci in radicale distanza da Dio, dagli altri e anche da noi stessi. Questa è la grande tentazione fratelli e sorelle.
Giustamente abbiamo mille obiezioni di una traduzione del Padre Nostro che frettolosamente sembra dirci che Dio ci vorrebbe nella tentazione però attenzione, queste pagine ci ricordano che il nostro Dio non ci vuole né bestie, ma nemmeno angeli e dunque, eccome se ci sospinge con lo Spirito Santo nel deserto dell’avventura della vita! E io ci sto con questo Dio, fratelli e sorelle, non voglio essere prima del tempo angelo che altro non ha da fare se non una sorta di canto, non dirò certamente meccanico, ma quasi inevitabilmente incapace di non sgorgare dalla contemplazione di Dio e d’altra parte mi devo misurare con l’istinto di sopravvivenza che sta nel mio cuore, perché anch’io devo sopravvivere alle mie paure, alle aggressioni, alle angosce, ma questo è il grande dramma della vita, il grande dramma della libertà!
E oggi questa parola ci racconta quanto Dio abbia preso sul serio questo porre radicalmente altro da sé con la creazione e in modo particolare all’interno della creazione dando un supplemento di dignità a quell’essere che siamo noi che, attraverso la libertà e l’intelligenza può disgiungersi dall’istintività degli animali e nello stesso tempo anche, come ci ha ricordato l’apostolo Pietro rifiutarsi di credere.
Ma allora questo rapporto di Dio con questa creazione libera e intelligente che siamo noi, nella grande avventura della più vasta creazione che Dio pure ha pensato e donato a ciascuno di noi ci invita- perché no- senza superbia, con umiltà, a domandarci il pensiero di Dio nei nostri riguardi, del resto lo abbiamo cantato all’inizio di questa celebrazione, i nostri occhi puntano verso Dio, si domandano cosa pensi radicalmente Dio di noi, fratelli e sorelle.
Io non so se vuoi mai ci pensate a questo, e devo dirvi che questa parola oggi mi invita a pensare quanto Dio davvero abbia sofferto, e soffra, nell’impoverire se stesso ponendo intelligenza altra davanti a sé, quanto rischio e passione nel verificare l’essere dimenticato, trascurato, ignorato, quanta passione nel tentativo di restaurare una relazione forte, confidente, reciproca fra il suo cuore e i nostro cuori.
Questo mi racconta l’avventura di Gesù nel deserto, prendendo sul serio la sua umanità, la nostra umanità, la sua divinità, il Padre con lo Spirito Santo lo manda nel deserto per ricostituire una possibile relazione fra la nostra umanità e Lui , sempre nella storia di Israele il deserto è il luogo della prova dove si restaura un rapporto vitale ed esistenziale, perché se non hai qualcuno che ti segue, ti aspetta, ti orienta, nel deserto tu muori.
Per questo Gesù va lì, perché da solo veramente soccombe, ma il suo percorso, fratelli e sorelle, non è soltanto il deserto, è sconfinare nella regione dell’animalità e nel misurarsi con l’intelligenza necessaria degli angeli e Gesù va oltre, fratelli e sorelle, si lascia davvero tentare nel profondo per mettere in luce questa opzione fondamentale, non solo fratelli e sorelle, chi sia Dio per noi…. chi sia Dio per noi, se è sostituibile in altre parola dal pane, dal danaro, dalla potenza, dalla ricchezza, tutti gli idoli che in altri Vangeli ci vengono evocati, ma soprattutto io direi stamani con voi: cosa siamo noi per Dio?
Questa è la grande domanda di ogni vero umanesimo evangelico, se l’uomo è un capriccio di Dio, una dimenticanza di Dio, un errore di Dio, un impoverimento di Dio o piuttosto una passione, un arricchimento anche per Dio, ma a quale prezzo?
Un prezzo grandioso, fratelli e sorelle, che tiene attento Dio alla nostra storia, l’immagine di vera e propria decreazione del diluvio ci avverte con una potenza immaginifica straordinaria quanto questo rapporto con la creazione nel cuore stesso di Dio è tutt’altro che statico, geometrico, come il canto degli angeli. Dio si pente di aver creato questo mondo, si pente di aver creato l’uomo sentendosi ignorato, rifiutato, esiliato, e la grande tentazione che noi ben conosciamo è cancellare questa creazione, ma cosa succede? Succede che Dio si pente, anche Dio si pente, fratelli e sorelle.
Vedete che dati straordinari, sconcertanti ma meravigliosi la parola non censura del cuore di Dio, vedete che avventura è credere nel credere di Dio nei riguardi della nostra condizione umana, perché noi siamo sempre a pensare un rapporto univoco, nel migliore dei casi naturalmente lui c’è, siamo noi a dover cercare lui, ma è anche Dio che va alla ricerca dell’uomo, fratelli e sorelle, e le piste sono quelle sofferte del deserto, della prova, della sofferenza.
E questo restituisce a questa nostra condizione umana, fratelli e sorelle, vorrei dire davvero per tutti, credenti e non credenti, una traccia di dignità insuperabile da ogni forma di morte, di male, e mi sembra davvero straordinario come in tutto questo il pentimento di Dio si trasfiguri in una parola bellissima che è la parola chiave del nostro rapporto storico, geografico, esistenziale con Dio, la parola alleanza, vuol dire che Dio si impegna con l’uomo, vuol dire che Dio dà la possibilità all’uomo di impegnarsi con Dio, come si fa in ogni vera alleanza fra persone serie e credibili.
Non è bellissimo rileggere tutta la nostra storia nel quadro dell’alleanza, in un quadro di alleanza?
Dove nessuno è dispensato da nessuno, in quei termini che sono responsabilità, ricerca, premura, cura, ma il tutto inscritto in una dinamica propria dell’alleanza che è la fiducia, il consegnarsi, lo sperare che l’altro, passatemi il termine forte, non mi freghi.
Questo è il quadro esistenziale del nostro rapporto con Dio e quando anche l’alleanza si sfilaccia ecco questo ulteriore tassello, perché anche in questo educhiamo i nostri occhi, il nostro orecchio, anche attraverso la liturgia della parola della domenica ad uno svolgimento fratelli e sorelle: c’è una storia, c’è una narrazione, uno storytelling,come si dice oggi, no? Quindi cosa succede? Si sfilaccia questa alleanza perché l’ostinazione dell’uomo talvolta è grande, e quasi si bea nel ritenere Dio altrettanto ostinato nei nostri riguardi e si crea separazione, indifferenza, lontananza, diffidenza, in altre parole si decrea questa alleanza e Dio la rinnova, il Padre la rinnova in Cristo, cioè con questa novità storica, oggettiva di una umanità che diventa alleata della divinità in uno stesso corpo, in una stessa persona che è Gesù, dove attenzione, è in gioco la libertà dello stesso Signore Gesù che non a caso è condotto in una vera prova , non è una scenetta il deserto, dove appaiono le cose per fare effetti speciali tanto Gesù ha il pulsante giusto, non è una prova per scherzo come non lo sarà la crocifissione, ma in questa avventura-disavventura l’esito ancora una volta è la ricostruzione di una possibilità di riscoprire chi siamo noi per Dio.
Questo investimento importante di libertà, di responsabilità, di dignità che il Padre con lo Spirito Santo fa in Gesù nuovo Adamo, dunque siamo noi i nuovi Adami invitati certamente ad attraversare le fiere, a misurarci con gli angeli, ma soprattutto, fratelli e sorelle, a scontrarci con quella misura della libertà che, assolutizzandosi, corre radicalmente il rischio di distruggere se stessa dopo aver distrutto le nostre alleanze, quelle importanti che ci tengono in vita perché assolutizzano unilateralmente solo una parte di coloro che insieme fanno, sono, vivono, alleanze.
Ecco fratelli e sorelle, tutto questo per riprendere un cammino tipicamente quaresimale nel segno della tipica gioia quaresimale, finiamola col pensare la Quaresima un tempo triste, di rinuncia, di penitenza, di mortificazione, questa è una visione limitata della Quaresima, moralistica della Quaresima.
La Quaresima è il restauro della nostra dignità di uomini e donne, resi figli dallo Spirito Santo, chiaro, implica un discernimento forte su ciò che è inessenziale e su ciò che veramente è essenziale, in altre parole su ciò che veramente è vita e dà vita, quindi l’amore, quindi le cose che ci riportano a un quadro di alleanza, dello stare insieme, del condividere, dello stare attenti a dove si incarni oggi l’idea che Dio ha dell’uomo, e si incarna in chi solleva le braccia per disperazione, per fame, per bisogno, per necessità.
Quello è il tabernacolo quaresimale davanti al quale non possiamo e non dobbiamo essere né bestie né angeli, ma semplicemente uomini e donne del Vangelo di Cristo. Amen
Trascrizione a cura di Grazia Collini