«Misura e misurazione». Un aggiornamento estivo dal cantiere di San Miniato al Monte nella festa del nostro santo padre Benedetto
MeditazioniL’intricata e invadente sovrapposizione delle geometrie ferrose e mastodontiche su quelle bicrome, aeree e marmoree della facciata e degli interni della nostra Basilica romanica rende particolarmente difficoltoso il libero e leggero dispiegarsi del canto e delle coreografie liturgiche con cui vorremmo oggi celebrare l’annuale appalesarsi del ricordo di san Benedetto. Una memoria che, intercettata e trasfigurata dallo Spirito Santo, diventa in Cristo memoriale di una possibile pasqua di santa risurrezione anche per i nostri attriti creaturali che il vegliardo abate e maestro di Norcia ci educa a consegnare al Signore Gesù perché la lama del suo Vangelo espunga il superfluo, risani il morboso e tutto di noi riconduca all’Amore inesausto del Padre. Difficile accorgersi, in questi lunghi mesi di febbrile lavorio alle portanti e possenti articolazioni del millenario organismo architettonico di San Miniato al Monte tutto avvolto da capillari impalcature, come nessuna sovrastruttura umana possa definitivamente sabotare e angustiare quell’incontenibile e liberante dilatazione dei nostri cuori che, anzitutto nell’armonia danzante della festosa gratuità liturgica, si lascia finalmente avvertire quale autentico destino della nostra pur fragile umanità. Quest’ultima, sebbene ingabbiata da mille e mille tralicci di ogni genere, in quella enigmatica e contingente penombra scorge e riscopre la scintilla filiale accesa dall’evento battesimale dei nostri dispersi frammenti. È la restituzione della nostra vulnerabile verità alla suprema veritas della comunione trinitaria attraverso quel laboratorio diuturno che vorrebbe essere il cantiere benedettino, con i suoi utensili semplici e quotidiani, per una strumentazione articolata e complessiva che sappia, a beneficio della chiesa nel mondo e del mondo nella chiesa, dar forma al futuro, fabbricarne e forgiarne effettivamente la sua potenziale bellezza, riaccostandolo alla sorgiva e inaugurale progettualità di grazia e di feconda vitalità propria del divino bagliore creativo. Insomma, quel Dio che san Benedetto ci esorta a cercare trasformando il desiderio e l’esplorazione dell’ignoto e del domani in un ritorno al giardino degli inizi che non è nostalgico rimpianto, ma accesso a quella verità che in quanto amore non può non precederti, non può non sedurti, non può non trasformarti. Per questo il monastero benedettino è un singolare e insonne opificio radicato nel tempo e proteso al suo futuribile oltre, accorciandone ogni distanza e contenendone la dissipazione con l’unica risorsa possibile: l’oggettiva scansione della misura e la coraggiosa consegna della sua misurazione al protagonismo misterioso dello Spirito, con le sue incalcolabili e imprevedibili accelerazioni, i suoi vortici mnemonici e i suoi vertici profetici, la sua pace estatica, fervido e provvido auspicio nei presenti giorni di guerra.
padre Bernardo,
abate di San Miniato al Monte
Firenze, 11 luglio 2025
Solennità di San Benedetto da Norcia
La fotografia è di Susanna Carfagni