Lectio divina sulla Lettera ai Colossesi: trascrizione del secondo incontro animato il 5 dicembre 2024 da padre Stefano

Lectio divina sulla Lettera ai Colossesi: trascrizione del secondo incontro animato il 5 dicembre 2024 da padre Stefano

Lectio divina

San Miniato al Monte, giovedì 5 dicembre 2024

Lectio Divina sulla Lettera ai Colossesi

II Incontro con Padre Stefano – Trascrizione e redazione a cura di Gaia Francesca Iandelli Obl. OSB

L’immagine è una riproduzione del san Paolo Apostolo dipinto da Domenikos Theotokopoulos detto El Greco (1540-1614) www.meisterdrucke.it

Preghiera iniziale

Signore, oggi deponiamo davanti a Te le fatiche della nostra giornata e le preoccupazioni che ci abitano, specialmente quelle che pesano sul nostro cuore. Ci affidiamo a Te, desiderosi di immedesimarci nell’amico dell’icona che stringi in un abbraccio, per sentirci accolti nel tuo amore. Da questa accoglienza, Signore, vogliamo attingere la forza per vivere una fraternità autentica, radicata nell’ascolto della tua Parola e nella comunione della fede.

Invochiamo il tuo Santo Spirito, perché illumini e sostenga i nostri cuori, rendendoli aperti e pronti ad accogliere la tua voce. Fa’ che diventino terreno fertile, affinché il Vangelo germogli e porti frutto nella nostra vita: un frutto di comunione, capace di irradiarsi ovunque ci invii. Con il tuo amore, Signore, vogliamo essere strumenti per trasformare un mondo spesso soffocato da altri incendi, accendendolo con il fuoco del tuo Spirito.

Donaci la passione per la ricerca, l’approfondimento e, soprattutto, per un’esperienza viva e profonda del Padre, che attraverso Te ci chiama e ci guida. Rendici sempre più consapevoli del dono che riceviamo in Te e attraverso di Te. Amen.

Questo incontro sarà dedicato a introdurre e contestualizzare la lettera che stiamo per affrontare. Il nostro scopo, tuttavia, non si esaurisce nell’introduzione: desideriamo entrare nel testo con cuore aperto e lasciarlo lavorare in noi come un lievito che, invisibile, trasforma. Saremo accompagnati da uno studio rispettoso e attento, che ci terrà lontani da derive superficiali. Eppure, manterremo quella libertà che è propria della Lectio Divina, una libertà che ci consente di superare i confini dello studio puramente esegetico o teologico per immergerci nell’esperienza viva della Parola.

La Lectio Divina è un dialogo silenzioso e luminoso con il testo: un ascolto che si fa preghiera, un cammino in cui le Scritture si intrecciano come fili d’oro, richiamandosi l’una con l’altra e creando un mosaico che illumina il cuore. È lasciarsi guidare dalla Parola, perché essa trovi dimora in noi, trasformando il nostro vivere quotidiano e risvegliando la luce della speranza e della fede.

Dopo l’introduzione, se il tempo ce lo permette, ci concentreremo sull’inizio e la fine di questa lettera, ossia sui saluti e sulla conclusione, quegli elementi tipici di una lettera che segnano il suo avvio e la sua chiusura, in particolare il saluto iniziale e quello finale che incorniciano la Lettera ai Colossesi.

Per quanto riguarda questo testo, -l’altra volta vi ho detto più o meno le motivazioni per cui lo avevo scelto- , è un testo che ci permette di sondare o l’esperienza matura di Paolo o addirittura l’esperienza dei discepoli di Paolo, quindi di quella generazione che vive la perdita dell’apostolo e già si deve occupare di una Chiesa che nel frattempo si sta evolvendo e sta crescendo, e di comunità che si stanno diffondendo in Asia e in Europa, le quali da una parte cominciano ad avere maggiore rilevanza numerica rispetto alle chiese locali dei primi anni di evangelizzazione di Paolo, dall’altra devono confrontarsi con il contesto religioso circostante sia giudaico che pagano.

I destinatari

Colosse è una piccola cittadina dell’Asia minore, a 150 km dalla più famosa Efeso (che invece si trova sulla costa, nell’attuale Turchia). Già all’epoca di Paolo era stata soppiantata dalle vicine città di Gerapoli, Laodicea e tanto più ovviamente dalla grande metropoli di Efeso. Per quanto riguarda la città di Colosse, a livello archeologico oggi troverete solo piccolissimi ruderi, proprio molto minimali, – a differenza di quelli assai numerosi e ricchi che potete ammirare andando soprattutto ad Efeso o anche a Laodicea -, inoltre essa negli anni ‘60/’61, quindi nel periodo vicino a quello della nostra lettera, subì un terremoto devastante da cui non si riprese. C’è anche un’altra ragione più strettamente economica che causò il suo declino: la deviazione di una strada fece sì che la cittadina di Colosse rimanesse fuori dai traffici commerciali e causò lo spostamento altrove del passaggio delle merci, in particolare dei tessuti.

Se oggi si parla ancora di Colosse è sostanzialmente perché c’è la Lettera ai Colossesi.

Fin dall’inizio si capisce che destinataria della lettera è la comunità di Colosse, cara a Paolo, che tuttavia lui non solo non aveva fondato, ma addirittura, per quello che sappiamo dei suoi viaggi, non aveva neppure mai visitato.

Nella lettera si fa riferimento a Epafra come al vero fondatore della Comunità di Colosse, che Paolo cita ed elogia sia all’inizio che alla fine della lettera.

Ci interessa questa relazione stretta tra l’apostolo e i suoi discepoli che permette al Vangelo, anche dopo la generazione dell’apostolo, di continuare a progredire, affrontando le nuove difficoltà.

Nella città di Colosse, come abbiamo detto, c’è una comunità in cui si ravvisano delle problematiche, ma sostanzialmente tutta la lettera parla bene dei Colossesi, che sono oggetto di molti elogi, tra cui uno molto bello proprio all’inizio, dal quale si evince che Epafra aveva seminato bene.

Lì il Vangelo aveva fruttificato, tanto che Paolo subito sottolinea le virtù della fede, della speranza e della carità dei Colossesi e proprio per questo poi si prenderà invece la briga, ed è una delle ragioni che probabilmente hanno motivato la lettera, di affrontare una problematica che dagli studiosi viene denominata l’eresia di Colosse; in effetti si tratta di un complesso di problematiche che gli studiosi hanno analizzato ma senza ottenere un accordo unanime sull’individuazione della matrice che le ha generate; si va dall’ipotesi di una matrice giudaica (specialmente in riferimento alle prescrizioni di osservanza di culti e regole alimentari e alla venerazione delle potenze angeliche), alla matrice pagana delle religioni misteriche (in particolare per la credenza nelle forze cosmiche che guidano la vita degli uomini e le pratiche ascetiche), ma è anche possibile che la lettera cerchi di prendere un po’ tutte le varie matrici, che in qualche modo minacciano la comunità di Colosse o addirittura una tendenza sincretistica che tende a mettere insieme credenze e pratiche di diverse provenienze e non una in particolare.

Con sicurezza però possiamo dire che questa lettera non ha come fine principale la polemica su un punto dottrinale o su una certa deviazione.

Se leggete la Lettera ai Galati, che è autenticamente di Paolo, vi accorgete che quando questi si arrabbia con questa comunità che sta deviando dal Vangelo, va diritto al punto spiegando tutto quello che non va, addirittura neanche li elogia nel saluto iniziale e alla fine neppure li saluta. Da questa lettera ai Galati dunque potete farvi un’idea di cosa succede quando Paolo si arrabbia.

Nella lettera ai Colossesi invece non c’è niente di tutto questo, il linguaggio è più distaccato, molto più rispettoso e in qualche modo tende a far fronte ai possibili rischi che potrebbero mettere in ombra il ruolo di Cristo.

Voi sapete che nel mondo pagano c’era un problema di surplus di divinità, non di mancanza.

Attualmente è facile sentir dire: Dio non so se c’è ma se c’è non si sente e non si vede. Nel mondo pagano invece c’erano spiriti-potenze dappertutto e tutte queste forze sovrumane o subumane costituivano sempre una minaccia, da cui bisognava in qualche modo guardarsi.

Quindi, l’autore della lettera se la prende anche con questo tipo di rischio, quello cioè di ritenere tutte queste altre potenze al pari di Gesù Cristo – queste potenze altro non sono che quelle che noi acclamiamo nella liturgia, ovvero i Serafini, i Cherubini, i Troni, le Dominazioni, i Principati, le Potestà e, gli Arcangeli e gli Angeli che compongono la Gerarchia Celeste –

Paolo rifocalizza il primato di Cristo. Il grande tema e la grande ricchezza della Lettera ai Colossesi è proprio questa massima focalizzazione sulla persona di Gesù Cristo, vista non solo nella sua realtà storica, ma addirittura in quella del Cristo Cosmico, Signore sia della Creazione che della Redenzione, la cui mediazione è unica.

Il mysterion

Chi ha seguito la lectio divina sulla Lettera agli Ebrei sa bene quanto fosse centrale, alla fine del I secolo, il tema del mistero della salvezza. Ora, volgiamo lo sguardo alla Lettera ai Colossesi, collocabile cronologicamente alla fine della vita di Paolo o subito dopo la sua morte. In essa emerge un approfondimento teologico determinato dalle circostanze e dalle sfide del tempo, che si riflette anche nella Lettera agli Efesini, sua stretta ‘gemella’.

Paolo, nelle sue lettere, parla spesso del ‘suo Vangelo’, della Buona Notizia del mistero pasquale, della salvezza resa possibile da Gesù Cristo. Tuttavia, nella Lettera ai Colossesi si nota un cambiamento terminologico significativo: accanto alla parola ‘Vangelo’ compare con insistenza un termine nuovo, ‘mysterium’. Questo termine, che nella cultura profana evocava qualcosa di nascosto o inaccessibile, assume qui un significato del tutto diverso e profondamente cristiano.

Nel contesto della fede, il mysterium non è più un enigma impenetrabile, ma la realtà stessa di Cristo.

Cristo è il mistero rivelato, il cuore della storia della salvezza, colui che, attraverso la sua Pasqua, ha vinto la morte. Il mistero pasquale non è dunque un concetto astratto, ma la manifestazione concreta dell’amore di Dio che si fa accessibile a noi.

Eppure, di fronte alla sovrabbondanza di questa realtà divina, ci scopriamo inevitabilmente piccoli, quasi sopraffatti. Tuttavia, la nostra vita, il nostro cammino personale e comunitario, ci permette di entrare progressivamente in questo mistero: è un viaggio di scoperta e di partecipazione, che si approfondisce nella misura in cui ci apriamo all’amore di Dio, al mistero di Cristo e alla salvezza offerta in Lui.

È interessante notare come il termine mysterium ricorra spesso sia nella Lettera ai Colossesi che in quella agli Efesini, più che in ogni altra lettera paolina. Non a caso, queste due lettere condividono un legame profondo: circa il 60% dei versetti di Efesini trova un parallelo o un riferimento diretto in Colossesi. Questo passaggio dal ‘Vangelo’ al ‘mistero’ non è solo un’evoluzione terminologica, ma una chiave di lettura teologica che ci invita a riflettere.

Per introdurre meglio questa tematica e per offrirvi un momento di respiro, vi leggerò un brano scritto da Papa Benedetto XVI, che dedicò una profonda riflessione proprio a Colossesi ed Efesini, soffermandosi sul significato del termine mysterium.

“[…] C’è poi anche un concetto speciale, che è tipico di queste due Lettere, ed è il concetto di “mistero”.

Una volta si parla del “mistero della volontà” di Dio (Ef 1,9) e altre volte del “mistero di Cristo” (Ef 3,4; Col 4,3) o addirittura del “mistero di Dio, che è Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza”

(Col 3,2-3). Esso sta a significare l’imperscrutabile disegno divino sulle sorti dell’uomo, dei popoli e del mondo.

Con questo linguaggio le due Epistole ci dicono che è in Cristo che si trova il compimento di questo mistero. Se siamo con Cristo, anche se non possiamo intellettualmente capire tutto, sappiamo di essere nel nucleo del “mistero” e sulla strada della verità. È Lui nella sua totalità, e non solo in un aspetto della sua persona o in un momento della sua esistenza, che reca in sé la pienezza dell’insondabile piano divino di salvezza.

In Lui prende forma quella che viene chiamata “la multiforme sapienza di Dio” (Ef 3,10), poiché in Lui “abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2,9). D’ora in poi, quindi, non è possibile pensare e adorare il beneplacito di Dio, la sua sovrana disposizione, senza confrontarci personalmente con Cristo in persona, in cui quel “mistero” si incarna e può essere tangibilmente percepito. Si perviene così a contemplare la “ininvestigabile ricchezza di Cristo” (Ef 3,8), che sta oltre ogni umana comprensione. Non che Dio non abbia lasciato delle impronte del suo passaggio, poiché è Cristo stesso l’orma di Dio, la sua impronta massima; ma ci si rende conto di “quale sia

l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità” di questo mistero “che sorpassa ogni conoscenza” (Ef 3,18-19).

Le mere categorie intellettuali qui risultano insufficienti, e, riconoscendo che molte cose stanno al di là delle nostre capacità razionali, ci si deve affidare alla contemplazione umile e gioiosa non solo della mente ma anche del cuore. I Padri della Chiesa, del resto, ci dicono che l’amore comprende di più che la sola ragione.

(dall’Udienza Generale di mercoledì 14 gennaio 2009 che Papa Benedetto XVI)

È un testo molto bello, contraddistinto dalla consueta grande profondità di Papa Benedetto, che in qualche modo intercetta anche quello che vorrebbe essere il nostro desiderio in questa lettura e in questo commento, in questa Lectio Divina su Colossesi, quello cioè di immergerci maggiormente nel mistero di Cristo.

L’autore della lettera

C’è un aspetto interessante che caratterizza tutta l’opera di Paolo, o se non altro le 7 lettere di indubbia autenticità: quella ai Romani, la prima e la seconda ai Corinzi, quella ai Galati, quella ai Filippesi, la prima ai Tessalonicesi e infine quella a Filemone.

Queste 7 lettere sicuramente autentiche sono anche dette proto-paoline, invece quella agli Efesini, quella ai Colossesi, la seconda ai Tessalonicesi e le 3 lettere dette ‘pastorali’, cioè la prima e la seconda lettera a Timoteo e la Lettera a Tito, sono dette deutero-paoline perché considerate dubbie dalla critica moderna. Sulle 3 lettere pastorali c’è una concordia netta fra gli esegeti contemporanei sul fatto che debbano essere ascritte ad altro autore, perché il loro contesto è molto posteriore all’epoca dell’apostolo, ci mostrano infatti una Chiesa molto più strutturata.

Per quanto riguarda invece la lettera agli Efesini e ancor di più quella ai Colossesi, ancora molti autori, sia cattolici che protestanti, non sono d’accordo sul non attribuirle a Paolo.

Nella breve sintesi informativa sulla Lettera che avete ricevuto la volta scorsa, mi ero ispirato un po’ a quello che già Gianfranco Ravasi aveva esposto, riportando sia le ragioni del dubbio sull’autenticità di Colossesi, sia le ragioni che potrebbero farcela pensare comunque legata a Paolo.

Una di queste ultime ragioni consiste nel fatto che Paolo non scrive delle lettere esclusivamente morali e adotta sempre questo tipo di struttura: prima introduce una parte dogmatica che ci illumina sulla realtà del Vangelo, o della grazia, o di Cristo, e quindi ci presenta delle realtà teologiche e poi in conseguenza di questa apertura, di questa fede fiduciale (soprattutto nel primo Paolo) e di questa fede conoscitiva (maggiormente nel secondo Paolo), ci fa entrare in relazione viva con la realtà del Signore salvatore, del Cristo, capace di renderci uomini nuovi. Da questo deriva tutta una serie di conseguenze che si manifestano nell’agire e che sono descritte nella seconda parte strutturale delle lettere, caratterizzate da un tono esortativo (parenesi).

Per raccordare queste due parti strutturali di ogni lettera, talora Paolo utilizza il riferimento al battesimo, che è la porta che sancisce l’adesione di fede a Cristo e che vediamo viene usata anche qui in Colossesi.

Ma il fatto che vi si ritrovi questo tipo di struttura bipartita, a grandi linee, non è ovviamente una prova sufficiente dell’autenticità paolina dei testi.

In realtà la cosa che soprattutto caratterizza le lettere proto-paoline, è il fatto che Paolo ha uno stile di scrivere o di dettare, – perché si avvaleva dell’aiuto di scrivani anche nelle prime lettere –spesso a effetto, nervoso, paradossale, con frasi veloci e rapide.

Vedrete invece che la Lettera ai Colossesi e quella agli Efesini, presentano una frase consequenziale all’altra, sono tutte subordinate attaccate dall’inizio alla fine, per cui ne deriva uno stile ridondante e forse in qualche modo anche meno stimolante, comunque capace di creare un clima suggestivo.

Questa ovviamente è una delle ragioni per cui dall’Ottocento in poi gli studiosi hanno cominciato a sottolineare l’importanza di non sottovalutare la presenza di questo cambio di stile, perché uno scrittore di solito conserva più o meno lo stesso stile, magari cambia i temi, ma lo stile lo conserva.

Tuttavia, non sono tutti d’accordo su questo e anche alcuni grandi esegeti dicono che questa diversità potrebbe essere solo imputabile all’ampia libertà degli scrivani di cui si serviva Paolo, il quale comunque alla fine avrebbe sempre autenticato il testo dettato, con formule tipo: “Vi saluto di mio pugno.” Oppure: “Queste sono le mie parole.”

Non possiamo saperlo, ma personalmente ci interessa fino a un certo punto, nel senso che solo se fossimo interessati a scrivere una biografia di Paolo, dovremmo chiederci come considerare questi testi, ossia se sono davvero di Paolo o se invece sono stati attribuiti a lui per due possibilità, perché dei discepoli che lo l’hanno conosciuto desideravano continuare a portare avanti il suo pensiero o perché qualcuno ha pensato di ammantarsi della sua autorità per dire qualcosa che potesse avere più forza.

L’idea che la pseudoepigrafia sia un tradimento e una manipolazione indebita, che dunque sviliscono l’attendibilità dei testi, è oggi abbastanza superata in quanto da un lato si riconoscono casi di pseudoepigrafia già nei testi dell’Antico Testamento, dall’altra va tenuto presente che anche coloro che mettono in dubbio l’attribuzione a Paolo della lettera ai Colossesi, non pongono assolutamente in discussione il suo statuto di scrittura ispirata (ovvero l’autore divino) essendo le due problematiche distinte e differenti e al contempo riconoscono il valore di questa lettera e la stretta connessione con la dottrina dell’apostolo Paolo.

Personalmente vi stimolerei ad avere una sorta di compagnia con tutti i personaggi della Bibbia: Paolo, Luca, Marco, ma anche Davide, Mosè e così via, i quali possono diventare compagni di viaggio e in altro modo diventano anche dei simboli.

Suddivisioni e struttura della Lettera ai Colossesi:

Tradizionalmente la lettera è stata spesso suddivisa con criteri tematici in due parti, una dottrinale (1,15-3,4) e una etica/esortativa (3,5-4,6), incorniciate dai saluti iniziali (1,1-2) e da quelli finali (4,7-18),

Talora è stata proposta anche una suddivisione del corpo della lettera in tre parti invece che in due, con una cesura all’inizio del capitolo 2 oppure in 2,5 isolando la polemica contro l’eresia di Colosse.

Noi seguiremo la strutturazione proposta da J. N. Aletti il quale utilizza un criterio principalmente letterario frutto dell’analisi retorica applicata alla lettera.

Schema epistolare: Saluto iniziale (1,1-2)

Composizione retorica:

exordium con sviluppi innici (1,3-23)

vv 3-8 Azione di grazie di Paolo a motivo dei frutti dei Colossesi (virtù teologali)

vv 9b-14 Preghiera di Paolo per il progresso dei Colossesi per la conoscenza della Volontà di Dio per una vita degna di Lui, con perseveranza e rendendo grazie al Padre per la partecipazione alla sorte dei santi nella luce.

vv 15-20 Espansione cristologica

la partitio (1,21-23) o annuncio dei temi trattati:

  1. c) l’opera di Cristo per la santità dei credenti (vv 21-22)
  2. b) la fedeltà al vangelo ricevuto (v. 23a)
  3. a) e annunciato da Paolo (v. 23b)

Corpo della lettera: Lo sviluppo dei temi in ordine inverso (1,24-4,1)

  1. Il Mysterion, combattimento di Paolo per l’annuncio del vangelo (1,24-2,5)
  2. Fedeltà al vangelo ricevuto (2,6-23)
  3. Esortazioni relative alle pratiche cultuali (vv. 2,6-8)
  4. Ragioni cristologiche: Cristo e i credenti in lui (2,9-15)

a’) conseguenza: ripresa delle esortazioni (2,16-19);

+ i 2,20-23 come subperoratio;

  1. L’agire etico dei credenti (3,1-4,1)
  2. Principi (3,1-4)
  3. Stato del cristiano e agire etico-ecclesiale (3,5-17)

Espressioni negative (3,5-9)

Motivazioni: l’essere in Cristo (3,9B-11)

Espressioni positive (3,12-17)

  1. Applicazione alla vita famigliare o domestica (3,18-4,1)

Esortazioni finali con funzione perorante (4,2-6)

Ripresa dello schema epistolare: (4,7-18)

Nei fogli che vi sono stati consegnati all’inizio dell’incontro (v. pp. 9-10) trovate il Saluto iniziale della Lettera ai Colossesi e i Saluti iniziali di tutto l’epistolario paolino (prescritti epistolari), nei quali sono presenti i nomi dei personaggi. Eccetto alcuni dati personali di Paolo, che troveremo nel capitolo III, tutto il resto è concentrato qui.

Vi ho messo anche i Saluti iniziali di altre lettere presenti nel Nuovo Testamento (v. p. 10), anche se in alcuni casi non si tratta veramente di lettere.

Non vi ho messo la Prima lettera a San Giovanni perché non solo non è una vera lettera, non ha infatti uno stile epistolare, ma oltretutto comincia con un proemio; ritrovate invece tutte le altre lettere, che ci aiutano ad entrare dentro il nostro testo e contribuiscono ad arricchire la nostra conoscenza di Paolo e di tutto il suo entourage.

Sempre nei fogli che vi sono stati dati, trovate citata la conclusione della Lettera ai Colossesi e poi quelle della Lettera a Filemone e della Lettera agli Efesini (v. p. 11); infatti queste due ultime lettere sono correlate a quella ai Colossesi, e inoltre Filemone era di Colosse.

Questi saluti sembrano abbastanza stereotipati, anche se in realtà non lo sono del tutto, perché a volte contengono degli approfondimenti, delle indicazioni ulteriori.

Come potete vedere, nell’elenco dei saluti inziali della Lettera ai Colossesi, dell’epistolario paolino e delle altre lettere presenti nel Nuovo Testamento (v. pp. 9-10), ho evidenziato con colori diversi i vari elementi presenti: cioè il mittente e la sua qualifica, i committenti se ci sono, i destinatari e finalmente il saluto.

Quindi non è che la Lettera ai Colossesi costituisca una singolarità, però tenete conto che i saluti nel Nuovo Testamento hanno una loro eccezionalità rispetto a quelli delle lettere dell’epistolografia sia greca, che romana, che ebraica, perché di solito i testi di saluto erano molto più sintetici e in questo caso invece hanno queste connotazioni importanti.

In tutto l’epistolario paolino vediamo spesso ad esempio – cosa che non c’è negli altri casi – la presenza o di coautori o comunque di committenti, e il più citato è Timoteo che, molto caro alle chiese della Grecia, in particolare a quella di Corinto e a quella dei Filippesi, si può considerare un po’ il figlio spirituale di Paolo.

A lui sono addirittura dedicate due delle tre ‘lettere pastorali’, proprio perché è considerato il trait d’union fra Paolo e la generazione successiva.

D’altra parte abbiamo un’indicazione importante che mette in evidenza il ruolo di Paolo nei confronti dei destinatari delle lettere, ruolo che in certi casi necessita di una forte sottolineatura, come si vede nella lettera ai Galati dove dovendo Paolo intervenire risolutamente per correggere un orientamento fuorviante, deve far pesare tutta la sua autorità e non solo la sua, infatti, chiama addirittura a raccolta tutti i suoi, come se avesse voluto dire: “Sappiate che non vi parla l’ultimo arrivato!”

Invece, nel caso dei nostri Colossesi, come tante altre volte, si presenta semplicemente come l’apostolo, l’apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio.

È sempre molto importante questa qualifica di Paolo come ‘apostolo’ (che letteralmente significa inviato) e in particolare come ’apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio’.

Sappiamo molto bene che l’origine dell’appellativo ‘apostolo’ è connessa alla visione che Paolo ricevette lungo la via di Damasco, e che portò alla sua vocazione. Paolo è missionario per vocazione, inviato da Cristo.

Nello stesso tempo però la scelta di questo termine ci permette di cogliere come tutto ciò che Paolo fa è ricevuto, è donato, è in una relazione viva con il Signore. Questo vale per lui, vale anche per i suoi discepoli e quindi anche per noi.

Paolo chiama Timoteo fratello e poi rivolgendosi ai destinatari li chiama ‘santi’. Quest’ultimo appellativo presente in tutto l’epistolario Paolino, designa spesso i cristiani.

Santi vuol dire tecnicamente ‘messi a parte’, quindi coloro che hanno aderito a Gesù, che hanno creduto in Gesù e in questo senso sono santificati. Essi vanno a costituire, – si tratta di un tema molto speciale della lettera – il corpo di Cristo tramite il battesimo. Lo speciale, ve lo dico subito, risiede nel fatto che già nelle grandi lettere, quella ai Corinzi in particolare e anche in quella ai Romani, era stata usata questa metafora somatica della Chiesa come corpo di Cristo, per indicare l’unità nella diversità: nel corpo tutte le membra hanno anche un loro ruolo specifico e necessario e ne derivava un’esortazione all’unità e al rispetto dei diversi doni senza contrapposizioni o pretese di fare senza il fratello.

I Corinzi, ad esempio, erano una comunità effervescente, piena di doni e con tanta personalità che talora rischiava di creare divisioni e fazioni.

Ebbene, Paolo dice: “Attenzione, noi siamo un unico corpo; si deve cercare di avere cura delle membra più delicate del corpo, quelle meno decenti devono essere custodite maggiormente e così dobbiamo fare anche fra noi”.

Invece vi anticipo che in Colossesi, si legge che Cristo è il capo e la Chiesa è il suo corpo; la Chiesa è si il corpo di Cristo, ma Cristo è il capo.

Questo concetto, che compare in Colossesi e che ritroviamo anche in Efesini, è molto importante perché da questo derivano alcune sottolineature significative sul piano teologico, perché ovviamente il capo è colui che dirige il corpo, si distingue dal corpo, ma nello stesso tempo è quello che permette al corpo di organizzarsi, di poter procedere nella vita. Non a caso, cosa unica in tutti i saluti, Paolo oltre a chiamare i credenti santi, li chiama anche fratelli in Cristo.

Vedremo che questo testo, fra l’altro, serve anche molto ad avvicinare i credenti fra loro e a portarli a riconoscere la prossimità fra loro e con l’apostolo.

In Colossesi, Paolo per salutare dice: “Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Timoteo, ai santi e credenti fratelli in Cristo che sono a Colosse: grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro.”.

Anche il contenuto del saluto in senso stretto è stereotipo, come già detto, e lo si ritrova nella maggioranza delle lettere dell’epistolario paolino, ma è diverso da quello che si usava comunemente nell’epistolografia greca. Il Nuovo Testamento è scritto in greco e in greco si diceva semplicemente ‘Chaire’, corrispondente all’italiano ‘Saluti’. Paolo lo modifica e mette insieme un termine greco e un termine ebraico: ‘Charis’, che significa ‘Grazia’ e ‘Irene ‘ovvero ‘Pace’ che però traduce in greco il termine ebraico ‘Shalom’, con tutto il portato che questo termine ha nell’Antico Testamento, e che equivale a un dono speciale di Dio per il popolo eletto. Paolo, come vedete, lo augura praticamente a tutti.

Mi auguro che la ripetizione di questo duplice termine di saluto ‘Grazia e Pace’ – quasi come fosse un ostinato in musica – possa accompagnare anche il nostro cammino, che l’augurio di Paolo sia anche per noi che vogliamo confermare e approfondire la nostra adesione a Cristo, e vivere quell’esperienza di comunione e di fraternità che lo Spirito produce.

Forse vi avevo già anticipato la volta scorsa che nel proseguo della Lettera vedremo addirittura affermato in Cristo il superamento delle divisioni, delle categorie: in Cristo non c’è più uomo né donna, né schiavo né libero, perché prevale l’esperienza che Cristo produce in noi e che ci rende capaci, in qualche modo, di deporre l’uomo vecchio e rivestirci del nuovo.

Tutte le implicazioni concrete che questo concetto comporta, le vedremo quando leggeremo la seconda parte della Lettera, dove al capitolo terzo e quarto, per la prima volta si affronta proprio (poi lo farà anche la Lettera agli Efesini), l’applicazione di un tale concetto alle varie componenti della società: quindi, uomini e donne, padroni e schiavi, e via dicendo.

Vedremo appunto le implicazioni concrete dell’esperienza di rinnovamento e di adesione profonda, che per noi vuol essere una ricentratura luminosa nel mistero abbagliante che la lettera dei Colossesi ci permetterà di incontrare.

In questo, lasciatemi dire, che Colossesi ed Efesini strizzano quasi più l’occhio alla letteratura giovannea, cioè al Vangelo di Giovanni e all’Apocalisse, solo per certi versi nel caso dell’Apocalisse, molto invece per quanto riguarda il Vangelo di Giovanni, nel cui prologo risentiremo la stessa portata maestosa e la stessa sconfinata apertura.

Dio solo sa quanto in questo tempo abbiamo bisogno di questa contemplazione del mistero di Cristo.

E non si tratta di un’evasione, perché vedrete che la lettera ai Colossesi mira assolutamente a connettere la retta fede e la retta azione grazie alla consapevolezza della vita organica della Chiesa all’interno di una dimensione di comunicazione con la realtà viva e vivente del Cristo vittorioso sulla morte.

Quindi, non del Cristo semplicemente narrato, ma del Cristo che ha vinto la morte e quindi che è presente, che guida le chiese nel marasma del primo secolo, nel marasma anche attuale.

Questo penso sia per noi stimolante ed importante.

Per conto vostro potrete leggere le conclusioni della Lettera ai Colossesi (v. p. 11) per andare a incontrare ancora una volta tutti i vari compagni di Paolo, e questo ci sarà utile.

È bella questa dimensione di comunità, costituita da persone fisiche, perché funziona così anche fra noi: ha senso far veicolare la nostra fede e la nostra vita attraverso una rete di relazioni significative.

I personaggi che incontreremo da una parte possono essere nostri modelli, dall’altra sono sicuramente nostri compagni e fratelli.

Ora consegniamo tutto questo con grande gratitudine al Signore.

Chiedendo con umiltà ma anche con confidenza l’intercessione dell’apostolo Paolo, di Timoteo, di tutti i vari collaboratori che per noi sono fratelli nella fede e grandi testimoni, chiediamo di essere immersi insieme nella grazia dello Spirito Santo per aderire e crescere nella nostra vita nell’intelligenza del mistero di Cristo e perché grazie al Suo dono e all’aiuto reciproco possiamo anche affrontare quella conversione permanente che è la nostra condizione di pellegrini in questa vita terrena.

Dimenticavo di dirvi una cosa, ma lo faccio adesso. Uno degli elementi più belli che incontreremo la prossima volta, ormai all’inizio del prossimo anno 2025, è costituito dal fatto che l’esordio, che viene subito dopo i saluti, inizia con la parola ‘Eucarestia’, azione di grazia. Paolo ringrazia e poiché questo ringraziamento lo troveremo ben cinque volte in una lettera di quattro capitoli, è chiaro che costituisce un tema importante.

Questa dimensione di gratitudine, che ovviamente poi vedremo come viene orientata, è già qualcosa da accogliere con l’intento di custodirla e farla nostra, per affrontare ciò che spesso è ingrato, cioè la vita.

Motivi di ingratitudine possiamo averne mille, ma in Cristo, nel suo dono, noi sperimentiamo invece un motivo sublime di gratitudine e per questo tutti insieme diciamo: Padre nostro …”

 

——————

 

 

Saluto iniziale della Lettera ai Colossesi (1,1-2):

Col 1 1Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Timòteo, 2ai santi e credenti fratelli in Cristo che sono a Colosse: grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro.

————

Saluti iniziali (prescritti epistolari) nell’epistolario paolino[1]

(Mittente, sua qualifica, co-mittenti, destinatari, saluti):

 

1Tess 1 1Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace.

2Tess 1 1Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre nostro e nel Signore Gesù Cristo: 2a voi, grazia e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo.

 

1Cor 1 1Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, 2alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: 3grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!

 

2Cor 1 1Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, e il fratello Timòteo, alla Chiesa di Dio che è a Corinto e a tutti i santi dell’intera Acaia: 2grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.

Gal 1 1Paolo, apostolo non da parte di uomini, né per mezzo di uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre che lo ha risuscitato dai morti, 2e tutti i fratelli che sono con me, alle Chiese della Galazia: 3grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo, 4che ha dato se stesso per i nostri peccati al fine di strapparci da questo mondo malvagio, secondo la volontà di Dio e Padre nostro, 5al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

 

Rom 1 1Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio – 2che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture 3e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, 4costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; 5per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome, 6e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo –, 7a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!

Fil 1 1Paolo e Timòteo, servi di Cristo Gesù, a tutti i santi in Cristo Gesù che sono a Filippi, con i vescovi e i diaconi: 2grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.

Fm 1 1Paolo, prigioniero di Cristo Gesù, e il fratello Timòteo al carissimo Filèmone, nostro collaboratore, 2alla sorella Apfìa, ad Archippo nostro compagno nella lotta per la fede e alla comunità che si raduna nella tua casa: 3grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo.

Ef 1 1Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, ai santi che sono a Èfeso credenti in Cristo Gesù: 2grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.

1 Tim 1 1Paolo, apostolo di Cristo Gesù per comando di Dio nostro salvatore e di Cristo Gesù nostra speranza, 2a Timòteo, vero figlio mio nella fede: grazia, misericordia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù Signore nostro.

 

2 Tim 1 1Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio e secondo la promessa della vita che è in Cristo Gesù, 2a Timòteo, figlio carissimo: grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro.

Tt 1 1Paolo, servo di Dio e apostolo di Gesù Cristo per portare alla fede quelli che Dio ha scelto e per far conoscere la verità, che è conforme a un’autentica religiosità, 2nella speranza della vita eterna – promessa fin dai secoli eterni da Dio, il quale non mente, 3e manifestata al tempo stabilito nella sua parola mediante la

predicazione, a me affidata per ordine di Dio, nostro salvatore –, 4a Tito, mio vero figlio nella medesima fede: grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro salvatore.

————

 

Saluti iniziali di altre lettere presenti nel Nuovo Testamento:

 

Gc 1 1Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù che sono nella diaspora, salute.

2 Gv 1 1Io, il Presbìtero, alla Signora eletta da Dio e ai suoi figli, che amo nella verità, e non io soltanto, ma tutti quelli che hanno conosciuto la verità, 2a causa della verità che rimane in noi e sarà con noi in eterno: 3grazia, misericordia e pace saranno con noi da parte di Dio Padre e da parte di Gesù Cristo, Figlio del Padre,nella verità e nell’amore.

3 Gv 1 1Io, il Presbìtero, al carissimo Gaio, che amo nella verità. 2Carissimo, mi auguro che in tutto tu stia bene e sia in buona salute, come sta bene la tua anima.

1Pt 1 1Pietro, apostolo di Gesù Cristo, ai fedeli che vivono come stranieri, dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadòcia, nell’Asia e nella Bitinia, scelti secondo il piano stabilito da Dio Padre, mediante lo Spirito che santifica, per obbedire a Gesù Cristo e per essere aspersi dal suo sangue: a voi grazia e pace in abbondanza.

2Pt 1 1Simon Pietro, servo e apostolo di Gesù Cristo, a coloro ai quali il nostro Dio e salvatore Gesù Cristo, nella sua giustizia, ha dato il medesimo e prezioso dono della fede: 2grazia e pace siano concesse a voi in abbondanza mediante la conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro.

—————

Conclusione della Lettera ai Colossesi:

Col 4 7Tutto quanto mi riguarda ve lo riferirà Tìchico, il caro fratello e ministro fedele,

mio compagno nel servizio del Signore, 8che io mando a voi perché conosciate le nostre condizioni e perché rechi conforto ai vostri cuori. 9Con lui verrà anche Onèsimo, il fedele e carissimo fratello, che è dei vostri. Essi vi informeranno su tutte le cose di qui.

10Vi salutano Aristarco, mio compagno di carcere, e Marco, il cugino di Bàrnaba, riguardo al quale avete ricevuto istruzioni – se verrà da voi, fategli buona accoglienza – 11e Gesù, chiamato Giusto. Di coloro che vengono dalla circoncisione questi soli hanno collaborato con me per il regno di Dio e mi sono stati di conforto.

12Vi saluta Èpafra, servo di Cristo Gesù, che è dei vostri, il quale non smette di lottare per voi nelle sue preghiere, perché siate saldi, perfetti e aderenti a tutti i voleri di Dio. 13Io do testimonianza che egli si dà molto da fare per voi e per quelli di Laodicèa e di Geràpoli. 14Vi salutano Luca, il caro medico, e Dema.

15Salutate i fratelli di Laodicèa, Ninfa e la Chiesa che si raduna nella sua casa.

16E quando questa lettera sarà stata letta da voi, fate che venga letta anche nella Chiesa dei Laodicesi e anche voi leggete quella inviata ai Laodicesi. 17Dite ad Archippo: «Fa’ attenzione al ministero che hai ricevuto nel Signore, in modo da compierlo bene».

18Il saluto è di mia mano, di me, Paolo. Ricordatevi delle mie catene. La grazia sia con voi.

———-

Conclusioni della Lettera a Filemone e della Lettera agli Efesini:

Fm 23Ti saluta Èpafra, mio compagno di prigionia in Cristo Gesù, 24insieme con Marco, Aristarco, Dema e Luca, miei collaboratori. 25La grazia del Signore Gesù Cristo sia con il vostro spirito.

 

Ef 6 21Tìchico – fratello carissimo e fedele ministro nel Signore – vi darà notizie di tutto quello che io faccio, affinché sappiate anche voi ciò che mi riguarda. 22Ve lo mando proprio allo scopo di farvi avere mie notizie e per confortare i vostri cuori.

23Ai fratelli pace e carità con fede da parte di Dio Padre e del Signore Gesù Cristo. 24La grazia sia con tutti quelli che amano il Signore nostro Gesù Cristo con amore incorruttibile.

—————

[1] Cfr Antonio Pitta, Sinossi Paolina, Roma 1994, 22-25

Trascrizione a cura di Gaia Francesca Iandelli, oblata benedettina secolare

Condividi sui social